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→  luglio 30, 2014


Al Direttore.

Sono molto preoccupato. Come mi scrive Abravanel che è andato a trovare amici in Israele per dimostrare solidarietà, “Israele sta vincendo la battaglia, ma rischia di perdere la guerra”. Ieri sera ho finito di leggere “La Famiglia Moskat” di Isaac Singer. Nello spirito di mercoledì sera, ti trascrivo una frase: “Was sind denn die Juden? Ein Volk, das nicht schlafen kann und das die anderen nicht schlafen laesst” (“Chi sono dunque gli ebrei? Un popolo che non può dormire e che non lascia dormire gli altri” nda).
Un abbraccio.

→  luglio 4, 2014


Al direttore.

Rinfacciare ai tedeschi di aver sforato Maastricht per un anno, quando noi siamo fuori dai parametri da quando c’è il trattato, lo si può scusare come enfasi retorica. Ma confondere il deficit con il debito, il flusso con lo stock è un errore da bocciatura. Weber è stato generoso.

→  luglio 1, 2014


L’abilità di Renzi in Europa, l’inversione delle priorità (prima economia, poi il resto) e i suoi rischi

Prima la flessibilità e poi le riforme, o prima le riforme e poi la flessibilità? Matteo Renzi, gliene va dato atto, ha tagliato corto sulla disputa barocca: “Ora tocca a noi fare le riforme”, ha detto rientrando in Italia dal vertice con i capi di governo dell’Unione europea. Sa infatti che la flessibilità l’abbiamo già usata: sui rapporti deficit/pil (2,6 per cento per il 2014 e 1,8 per cento per il 2015) abbiamo chiesto, e quasi ottenuto, una deroga rispetto all’impegno di pareggio strutturale del bilancio pubblico. Quello lo raggiungeremmo solo nel 2016. Sa che questi obiettivi si basano su tagli di 3,5 miliardi nel 2014, 17 nel 2015, 32 nel 2016; sa che molti, e non solo nei palazzi di Bruxelles, ma anche in quelli romani, dubitano che questi tagli siano sufficienti a centrare obiettivi e soddisfare impegni; sa che a fronte di essi ci sono solo due decreti con effetti finanziari minimi, e un disegno di legge non pubblicato che dovrebbe fornire risultati a partire dal 1° gennaio 2015. Sa che per la revisione della spesa pubblica esistono solo delle slide, e che di Carlo Cottarelli, che le ha compilate, poco si parla e meno ancora si sente.

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→  giugno 6, 2014


Da quando è stata pubblicata la traduzione inglese di “Le Capital au XXIe Siècle”, le recensioni, i convegni, gli inviti hanno proiettato Thomas Piketty a livelli di notorietà inusuali per un economista. Ragion per cui, quando il Financial Times spara la notizia che ci sono errori nei suoi numeri e nel modo di usarli, il botto è proporzionato al successo. Gli entusiasti tutti dietro a Paul Krugman, a scagliarsi contro i pignoli incompetenti che avevano osato attaccarlo, i critici (quorum ego) a sorridere: che vi dicevo? Thomas Piketty ha scritto 1.000 pagine (dell’edizione originale) corredate da 115 tra grafici e tabelle, sintesi di 15 anni di lavoro accademico, una formidabile cintura protettiva intorno alla tesi che il capitalismo produce diseguaglianza. “Dimostrare” una tesi con una massa intimidente di dati: è il pikettismo. Ragionare sul rapporto tra scelta della tesi e raccolta dei dati: è il metapikettismo.

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→  giugno 3, 2014


Le elezioni europee hanno creato il momento propizio agli europeisti pragmatici: a patto di leggerne bene il risultato.
Che non è quel 30 per cento che si ottiene sommando tutti i voti dati ai partiti antieuropeisti, questo è ciò che pensano quanti considerano che “più Europa” sia la risposta a ogni e qualsiasi problema, euroscetticismo compreso; traggono spunto dal fatto che quel 30 per cento circa non forma un progetto politico positivo per raddoppiare i propri appelli alla sempre più stretta integrazione “verso gli Stati Uniti d’Europa”. Invece, mai come questa volta le elezioni europee sono state elezioni mid term nazionali: di fronte ai problemi l’elettore europeo guarda in primo luogo al proprio governo nazionale. L’euroscetticismo è un elemento comune di posizioni politiche affatto diverse: Marine Le Pen è neofascista, Nigel Farage conservatore, Grillo chissà. Affermate da Grillo, negate da Renzi, al centro della campagna elettorale nostra sono state le conseguenze che il risultato avrebbe avuto sul governo, addirittura sulla legislatura. In Francia e in Inghilterra, la campagna elettorale è stata un posizionarsi di partiti e candidati in vista delle prossime elezioni politiche. E quando non rappresenta uno strumento per la lotta politica interna, l’euroscetticismo è l’esito di un’Europa che, persa dietro al miraggio federalista, risponde con più centralizzazione e più produzione di norme a qualsiasi problema.

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→  maggio 20, 2014


E’stata l’accusa di conflitto di interessi a creare l’affaire Pereira. Senza, sarebbe rimasto una polemica, una delle tante che nascono nel mondo della lirica, e di cui quel mondo vive. Con quell’accusa, una questione manageriale diventa politica, una contestazione al sovrintendente diventa un’accusa al sindaco.

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