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→  dicembre 4, 2015


Al direttore

Se a un’azienda che aveva in appalto un servizio pubblico (nei settori dell’acqua, energia, trasporti, servizi postali) oppure un servizio di call center ne subentra un’altra, questa dovrà: assumere tutti i lavoratori della precedente gestione; mantenere nel tempo i livelli occupazionali (qualunque cosa ciò voglia dire); applicare i contratti della precedente gestione, se più favorevoli ai dipendenti. E’ quello che vorrebbero imporre degli emendamenti introdotti nella legge delega per il recepimento di alcune direttive comunitarie appunto sugli appalti pubblici.

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→  novembre 28, 2015


Al direttore.

Era il 2007, divampavano le polemiche sulla decisione di George W. Bush di attaccare l’Iraq, sul sostegno di Tony Blair e della coalizione dei volonterosi. All’Onu Dominique de Villepin, attingendo alla tradizione della grande retorica pubblica francese, pronunciava l’orazione contro la “muscolocrazia” degli Stati Uniti. Che oggi Hollande vorrebbe convincere a un intervento concordato in Siria. Quelli che allora consideravano un errore abbattere Saddam per eliminare il suo terrorismo, e che addebitano a quella decisione il disordine su cui è cresciuta l’Isis, oggi sostengono Assad perché sconfigga il terrorismo dell’Isis.

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→  novembre 11, 2015


Per bene che il prodotto sia progettato, il successo dipende dal funzionamento della macchina, cioè la Pa.

Non l’ho studiata, la legge di Stabilità, ma ne ho letto le analisi degli editorialisti, ne ho sentito le sintesi di personaggi che hanno l’indirizzo “@governo.it”, gli uni a rivendicare i fini, gli altri, perlopiù, a criticare i mezzi. La legge infatti è un manifesto politico, che sulla base di qualche punto di decimali – come ha sottolineato Luca Ricolfi sul Sole 24 Ore di domenica scorsa – estrapolati dai dati degli ultimi trimestri, si propone di non alienarsi Bruxelles, di infondere fiducia negli italiani e, soprattutto, di conquistare i consensi che permettano a Renzi di fare le cose che, se le fa giuste, confermeranno le tendenze che si intravvedono. L’Imu-Tasi, le pensioni, i contanti, gli incentivi non sono singolarmente né giusti né sbagliati, conta solo l’effetto che farà il concerto dei vari strumenti: la finanziaria è un documento rivolto all’esterno.

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→  novembre 5, 2015


Che cosa vuole Xavier Niel e perché sta investendo in Telecom? Che abbia scelto di fare un investimento nell’azienda puntando sul suo potenziale di crescita, è del tutto incredibile. Che voglia prendere il controllo a suon di aumento della sua quota azionaria, meno ancora. Che ci sia concerto con Vivendi è da escludere dopo le pubbliche dichiarazioni di entrambe le parti: raccontare storie all’autorità di controllo può costare molto caro. Che chi mette i soldi in un’azienda ha una sua strategia è naturale; e avrebbe interesse a palesarla per trovare alleati, anche se per ora non l’ha fatto. Comunque, se fosse per una qualsiasi di queste ragioni, non ci sarebbe motivo di agitarsi. Se Niel vuole superare Vivendi quale primo azionista, dato che non abbiamo fatto obiezioni quando Vivendi ha arrotondato la partecipazione che le risultava dagli accordi con Telefònica, non c’è ragione che si discrimini tra un francese e un altro. Che la sua strategia possa comportare anche spezzatini, fusioni, vendite, è normale, come pure che queste possano essere giudicate contrarie all’interesse nazionale: se ne parlerà quando si saprà in che consiste. E il giudizio non dipenderà dalla nazionalità del proponente: anche perché non c’è nessuna ragione per cui un italiano faccia sempre l’interesse del paese.

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→  settembre 18, 2015


Oggi, ha scritto Stefano Firpo sul Foglio in “Come evitare che la politica industriale rimanga chiacchiera da bar”, “è possibile disegnare un’azione di politica industriale senza che questo comporti un maggiore intervento dello stato nell’economia”. La “politica industriale” consisteva nello scegliere chi doveva giocare e vincere nella gara competitiva. Il governo era come l’allenatore della squadra di calcio, decideva lui chi giocava e chi no, e, dato che aveva buone relazioni con gli arbitri, chi vinceva e chi perdeva. Solo che in Champions si perdeva secco, e pure ci multavano. Adesso oltretutto avere una squadra è diventato troppo caro: invece che avere una squadra, il governo fa lo sponsor, vorrebbe finanziare un po’ tutti. O magari solo la domenica andare in tribuna a fare il tifo, e per tutta la settimana discutere con gli amici sulle scelte dell’allenatore: al bar.

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→  settembre 8, 2015


Al direttore.

Perché mai la posizione di Angela Merkel sulla Siria dovrebbe essere una “conversione” rispetto quella che aveva avuto sulla Grecia, metafora di un cambio sia di rotta su una “strada lastricata di buone intenzioni” sia, Dio ne scampi, di confessione religiosa, proprio non lo capisco. Se a dirlo sono quelli che, se neghi gli eurobond sei un sadico strangolatore dell’Europa del sud, e se hai il bilancio in pareggio hai tendenze naziste, non ci sarebbe da spenderci tempo: ma nell’articolo di Giuliano Ferrara quella parolina mi ha colpito. Che sia per contrasto con la soddisfazione di vedere (ancora una volta) tanto autorevolmente espressa la necessità di intervenire là dove divampano gli incendi che fanno fuggire la gente, come avevo azzardato sul Foglio fin dall’inizio di maggio? Neppure a Franco Venturini possono essere attribuiti pregiudiziali antitedesche, ma è esplicito: “Berlino”, scrive, sul Corriere di venerdì, “riconquista la sua credibilità morale messa a dura prova dalla linea intransigente nei confronti del dramma socio-finanziario greco”.

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