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→  aprile 20, 2018


Al direttore.

Ci sarà poco da gridare “aiuto”, come ha scritto ieri, nel caso di un governo “macronista” tra Pd e M5s. Infatti le cose a cui il Pd dovrà dire no, il M5s le venderà ai suoi elettori come la prova provata di chi si oppone alla realizzazione dei loro fantastici programmi. E quello a cui inevitabilmente dovrà dir di sì, verrà acquisito da metà partito come sana correzione di presunti rigori. Così il paese perderà due volte: il M5s non sarà costretto a rendere conto delle sue menzogne, e il Pd avrà smarrito per strada la sua credibilità.

→  aprile 17, 2018


Fa effettivamente un certo effetto vedere sul proprio smartphone il grafico di come ci si è mossi nella giornata trascorsa, quanto a piedi e quanto con mezzi, ricostruire le soste nei negozi, le pause per il caffè, e quella deviazione per accompagnare una ragazza che non si era vista da tanto tempo. E’ timeline, un servizio a cui si accede da Googlemaps. “Ma così sanno tutto di noi!”: è la reazione istintiva, tra il perplesso e lo spaventato. Google è esplicito nel richiedere uno specifico consenso a questa “tracciatura”, e nel garantire che i grafici della timeline saranno accessibili solo da quel telefonino e con quella password. Ma se la cosa è tecnicamente possibile a Google – vien da pensare- lo è anche a qualcuno senza il mio permesso, anzi senza che io neppure lo sappia. Siamo al Grande Fratello?

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→  marzo 29, 2018


Adesso che si è mossa la Federal Trade Commission, la vicenda Facebook si è istituzionalizzata e prende un indirizzo preciso. L’ufficio per la protezione dei consumatori ha reso noto che prende molto sul serio le notizie stampa che sollevano forti preoccupazioni su come Facebook protegge la privacy, e che ha iniziato un’indagine non pubblica sulle pratiche adottate dall’azienda. Sarà particolarmente severa, dato che a Facebook erano già stati imposti provvedimenti. Finora invece la vicenda era stata descritta nei modi più disparati. “Scandalo”, il più frequentato, una valutazione morale che nulla dice della causa. “Sfruttamento dei dati personali”, con riferimento alla polemica sul loro valore venale. “Pericolo per la democrazia” per il (reale? potenziale?) potere dei messaggi. “Fallimento”, come sulla copertina dell’Economist, per la perdita in valore delle azioni del gigante di Menlo Park. E l’onnicomprensivo “BAADD” (Big, Anti-competitive, Addictive and Destructive to Democracy), buono per tutti i BigTech. Adesso si sa di che si parla: di possibile lesione dei diritti di privacy dei consumatori, in questo caso di social media.

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→  marzo 21, 2018


di Franco Debenedetti e Nicola Rossi

Uno di noi li ha perfino chiesti, i voti per il PD: ma non sono arrivati. Anzi sono stati troppo sotto la soglia, non diciamo delle rodomontate fake, ma anche delle speranze di essere una news. E così il 5 marzo l’Italia si è svegliata e si è trovata bipolare. Non si vede per quale motivo questo dovrebbe essere un risultato provvisorio destinato ad essere ribaltato, vuoi da una nuova votazione, vuoi dalle non rassicuranti prospettive dei possibili futuri governi. Neppure si vede perché questo dovrebbe essere un male, in un paese che non ha, e probabilmente non avrà, un sistema elettorale alla francese.

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→  marzo 3, 2018


Al direttore

Ieri ho preso la tessera del Pd. In questa desolante vigilia elettorale, una sola cosa positiva mi sembra da augurarsi: che il Pd prenda più voti.

→  febbraio 10, 2018


Al Direttore.

Ai primi di Gennaio Bill Emmott scrive per Project Syndicate: “The Bunga Bunga Party returns to Italy”. Berlusconi, spiega, potrebbe finire per essere il salvatore politico dell’Italia, non escludetelo. Però, posto di fronte all’alternativa scalfariana, chi sceglierebbe tra Berlusconi e Di Maio, risponde che “Se fossi costretto sceglierei Di Maio”. Ieri, sul Financial Times, in un articolo intitolato “Five Star is Italy’s equivalent to En Marche in France. The trouble is it lacks an Emmanuel Macron” spiega: è vero che “manca dell’esperienza, dell’abilità, e del savoir faire di Macron”; ma se dopo il 4 marzo, il solo governo possibile sarà quello espresso da una grande coalizione con Berlusconi come kingmaker, Di Maio potrà solo dare la colpa a se stesso: “Avrà fallito l’obiettivo di soddisfare i suoi elettori affamati di cambiamento e avrà fallito quello di salvare l’Italia”. Bill Emmott è il direttore dell’Economist che nel 2001 firmò la copertina che fece il giro del mondo: “Why Berlusconi is unfit to lead Italy”. Adesso sappiamo perché Bill Emmott è unfit a capire qualcosa di questo paese. E, in generale, di politica.

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