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→  novembre 27, 2018


Libertà dei mercati, in cui le lobby non la facciano da padroni; mobilità del lavoro e, invece della protezione ad infinitum di imprese decotte, spostamento di risorse da settori e imprese meno produttivi a quelli più produttivi; premi al merito per favorire la mobilità sociale; una tassazione che non penalizzi chi lavora; blocco dei trasferimenti a pioggia a questa o quella categoria che riesce ad alzare la voce più di altre. Dieci anni fa era alla sinistra che bisognava insegnare che liberalizzare fa bene all’economia, e non solo. “Il liberismo è di sinistra”, il libro di Alesina e Giavazzi del 2007, voleva dimostrare che le ricette liberali sono coerenti con i principi cardine della sinistra, anzi sono i soli che li possono inverare.

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→  novembre 6, 2018


Al Direttore.

Alla riuscita della giornata dell’Ottimismo hanno certo contribuito le interviste “provocate” da Claudio Cerasa: lo slancio, inaspettato e liberatorio, di Vincenzo Boccia; la sicura fermezza di Marco Bentivogli; perfino i distinguo di Tria sono parsi rassicuranti. Ma sotto sotto, a rovinar la festa, anche quando si parlava d’altro, si aggirava sempre la preoccupazione per il nostro debito.

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→  ottobre 10, 2018


Ciò che accomuna i populisti al governo agli intellettuali è la diffidenza verso i mercati

“Al MEF, i soldi che servono, devono decidersi a tirarli fuori!” “Se devo scegliere tra lo spread e gli italiani, io scelgo gli italiani.” “Bruxelles deve rendersi conto che milioni di italiani col loro voto hanno scelto una politica economica diversa”.

Per Ernesto Galli della Loggia (Le risorse contese tra i Poteri, Corriere della Sera, 1 Ottobre 2018), “la polemica in corso tra l’osservanza o meno delle regole europee in materia di deficit”, deriva da un cambiamento del rapporto tra politica ed economia, tra democrazia e potere economico. La democrazia ha bisogno di risorse in quantità sempre crescenti, e per procurarsele è spinta fatalmente a cercare di sottomettere ai suoi bisogni l’economia. Mentre fino agli anni 80 del Novecento c’era stata la prevalenza della politica sull’economia, da allora le cose sarebbero cambiate, come conseguenze di due fenomeni: primo, aver reso le Banche centrali indipendenti dal potere politico; secondo, avere liberalizzato il mercato dei capitali, rendendolo “unificato e interconnesso”. Per effetto della prima, la politica ha perso il controllo sui tassi di cambio e di interesse; per effetto della seconda, il mercato ha “accresciuto il proprio raggio d’azione e d’influenza rispetto ai bilanci statali bisognosi di credito”.

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→  settembre 26, 2018


La crisi del PD ha caratteristiche e gravità proprie, ma non è isolata. La crisi della socialdemocrazia è un fenomeno generale: dal 1980 tutti i partiti tradizionali hanno perso voti, ma i socialdemocratici 10 punti nei Paesi dell’OCSE, quasi 30 in quelli dell’Europa occidentale. Alcune correlazioni sono impressionanti: tra percentuale di voti che vanno ai partiti populisti e caduta della fiducia nel Parlamento europeo e nella prospettiva di un’integrazione europea; tra voto populista e insicurezza sociale, disoccupazione, perdita di posti di lavoro per via dell’esposizione alle importazioni cinesi. Lo rileva Guido Tabellini nella relazione “Populismo e crisi della social democrazia”, presentata al convegno de La Voce del 17 Settembre, e si chiede: perché chi è colpito da uno shock economico negativo diventa nazionalista e vota populista, invece di votare a sinistra e chiedere più redistribuzione? Perché diventa conservatore in campo sociale e civile e se la prende con gli immigrati? La ragione, sostiene, è che lo shock –economico, tecnologico – produce un cambiamento di identità politica, da quella classica in base al reddito a quella in base all’istruzione, dalle classiche polarità sinistra /destra, stato/mercato, a quelle nazionalisti/globalisti, protezionismo/immigrazione. A sua volta il cambiamento di identità produce un cambiamento di ideologia politica. Fin qui Tabellini. Il nostro populismo contrappone noi, il popolo, i puri, contro loro, le élite, i corrotti. E’ quindi un populismo con caratteristiche diverse da quello macroeconomico “argentino”, anche se l’aumento della spesa pubblica, punto di partenza per entrambi, occupa un posto importante nello storytelling del governo giallo-verde, rendendo quello sbocco una eventualità possibile, forse probabile.

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→  settembre 11, 2018


Fare ordine: nei dati…
“Ci siamo accorti che le informazioni erano troppe: era necessario fare ordine”. La voce, alla radio austriaca, è quella di Larry Page, intervistato per la ricorrenza. Page Rank, l’algoritmo che assegna un peso numerico ad ogni elemento di un collegamento ipertestuale di un insieme di documenti, “fa ordine” perché consente di ordinare gli elementi di un insieme secondo la loro l’importanza relativa. Questa è la ragione del successo di Google: grazie a Page Rank possiamo orientarci nella sterminata massa di dati con cui il web ci sommergerebbe. Con il web, il mondo è diventato di colpo immensamente più grande; se, come insegna Agostino, il nostro “prossimo” sono quelli che abbiamo vicino, prossimo diventano virtualmente tutti gli abitanti del pianeta. Rischiamo di perderci, se il mondo non diventa anche più trasparente, e qualcuno ci rende possibile trovare, sapere, avere quello che cerchiamo.
L’albero della conoscenza, di cui abbiamo mangiato, è anche l’albero del bene e del male. Acquisito il bene come nuovo diritto universale, è sul male che si esercitano le Cassandre. Non solo il male che è possibile fare deliberatamente, usando le potenzialità di questo (come di ogni altro) nuovo strumento. Ma il male che deriva intrinsecamente dalla sua fruizione: il maggior tempo che dedichiamo, il maggior numero di persone che incontriamo, la maggiore quantità di risorse che spendiamo, perfino il maggior numero di parti cesarei che le donne preferiscono nel garantire la sopravvivenza di questo pianeta.

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→  settembre 4, 2018


Al direttore.

Mariana Mazzucato (“La strada storta dello stato”, Repubblica 1° settembre) avanza la proposta che la Cassa depositi e prestiti, “attore pubblico autonomo dal potere politico ministeriale” e con “decennale esperienza nel settore infrastrutturale”, acquisisca “sul mercato la maggioranza del capitale azionario di Atlantia”, allo scopo di “migliorare il rapporto con le concessionarie”. A parte la sospensione del principio di non contraddizione inerente a “un attore pubblico autonomo dal potere pubblico”; a parte il contenuto della “decennale esperienza” che si può fare da socio di minoranza in Terna, Snam spa, Eni, Enel; a rendere perplessi è quel “migliorare il rapporto con le concessionarie”. Che il controllore si faccia controllato può far comodo al controllato; ma che il controllore debba spendere soldi per riuscire a fare il suo mestiere è clamoroso, e ancor più che a dirlo sia la paladina dello “stato imprenditore”. E non è finita: se “l’attore pubblico autonomo” vuol comperare sul mercato il 50 per cento del capitale, fa salire il valore del titolo: a meno che non vengano annunciati propositi espropriatori atti a farlo calare. In tal caso l’autonomia dell’“attore” riuscirebbe a evitare “al potere politico ministeriale” l’accusa di aggiotaggio? La strada storta dello Stato: non c’è che dire, titolo perfetto.

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