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→  febbraio 29, 2024


Al direttore.
Prendere ostaggi in un contesto di conflitto armato è considerato un crimine contro l’umanità. Non è invece un crimine fare prigionieri, purché essi siano trattati umanamente, in modi definiti da accordi internazionali. C’è quindi una insanabile contraddizione alla radice delle trattative fra Hamas e Israele per scambiare cittadini israeliani presi come ostaggi con prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane: nessun moltiplicatore numerico può eguagliare un crimine contro l’umanità a fatti leciti purché nel rispetto di determinate condizioni.

→  febbraio 23, 2024


Al direttore.
Martedì 20 febbraio, nella Sala Buzzati del Corriere si presentava “Giacomo Matteotti, il nemico di Mussolini” di Marzio Breda e di Stefano Caretti. Matteotti fu assassinato nel 1924, cent’anni giusti prima che la stessa sorte toccasse ad Alexei Navalny, “il nemico di Putin”, anch’egli in modi ancora da chiarire, anche la sua salma brutalmente offesa. Ma quando uno spettatore fece notare la singolare e pur non insignificante coincidenza, nessuno, né dal palco né dalla sala, accennò a un applauso di solidarietà.

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→  febbraio 14, 2024


Al Direttore.
Israele e quella prova di Amleto, ha scritto lunedì Giuliano Ferrara: non una vendetta cieca, ma l’unico mezzo, forse, per difendere democrazia e libertà. Ben lo sanno gli americani: è stato necessario ammazzare Bin Laden per poter di nuovo salire su un aereo con la ragionevole sicurezza che non sarebbe stato dirottato. Gli amici di Israele e la prova di Amleto: non ammonimenti e minacce ma aiuti concreti e mezzi condivisi per riuscire a smantellare l’organizzazione terroristica rispettando i civili innocenti. E’ difficile ma su può fare, anzi si deve fare.

→  dicembre 13, 2023


Al direttore.

Se non proprio tutti, certo la maggior parte dei femminicidi non è conseguenza di uno scoppio improvviso di ira irrefrenabile: in ognuno di essi c’è una qualche forma di premeditazione, anche se non nel senso strettamente giuridico del termine. L’omicida ha avuto modo di essere cosciente delle conseguenze del suo atto; sa che verrà catturato, anzi sovente è lui stesso a consegnarsi; sa la conseguenza inevitabile a cui va incontro, non meno di 21 anni di reclusione. E io non riesco a immaginare che cosa possa suscitare nell’omicida un sentimento più forte dell’istinto di sopravvivenza, un sentimento che solo la scomparsa della donna possa sedare. Mi sembra quindi che il suicidio, a volte attuato, più sovente immaginato, sia una pulsione che non segue, ma che precede l’atto: i 106 femminicidi (2022) dovrebbero quindi essere contati anche nel novero dei suicidi, almeno di quelli tentati: 3.686 nel 2020, uno ogni 16 ore nel 2022, 822 (oltre a 763 tentati) da inizio anno. Se è così, le cause del femminicidio vanno ricercate non solo nella distorsione del rapporto con le donne, ma anche nell’incapacità di reggere i dolori della vita. E quindi le iniziative per eliminarlo non devono solo essere di educazione relazionale, ma anche di forza per resistere alle difficoltà della propria vita e di capacità di trovare mezzi per superarle. All’origine non c’è tanto la lesione dei presunti diritti del patriarcato, quanto l’incapacità di adempierne ai doveri.

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→  novembre 14, 2023


di Franco Debenedetti e Carlo Stagnaro

Se i fatti cambiano, ne prendo atto e cambio idea”: è con queste parole attribuite a John Maynard Keynes che Francesco Giavazzi ha consegnato domenica al Corriere della Sera la sua riflessione sulla politica industriale. L’ex consigliere economico di Mario Draghi ne è sempre stato un fiero avversario, ma – dice – adesso il gioco è cambiato a causa delle aggressive politiche espansionistiche della Cina e dell’Inflation Reduction Act americano. A noi sembra invece che gli argomenti citati da Giavazzi confermino la bontà della sua visione precedente, e certo non giustificano l’adesione alla scuola di Mariana Mazzucato.

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→  novembre 2, 2023


Al direttore.
È altamente probabile che molti di quelli che riempiono le piazze urlando a favore di Hamas, di quelli che hanno strappato le bandiere di Israele, molti dei professori che si rifiutano di firmare mozioni contro l’aggressione di Hamas, il 27 gennaio vorranno anche pubblicamente partecipare al Giorno della memoria. Come fanno a non sentire la contraddizione tra il ricordare il genocidio degli ebrei perpetrato dai nazisti, e il sostenere un movimento che ha nel proprio statuto l’obiettivo di farne un secondo, sterminando gli ebrei in quanto ebrei e cancellando Israele da qualunque carta geografica? Ricordare il passato dovrebbe servire al “mai più”: come fanno a dirlo coloro che sostengono un movimento politico che dice di battersi per “ancora una volta”? Problemi loro.

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