→ dicembre 14, 2010

di Luciano Cafagna
Gli anni di Berlusconi alla prova degli storici
E’ difficle ipotizzare come lo storico futuro potrà considerare Berlusconi e la vicenda berlusconiana nella storia politica del nostro Paese se non si conoscono anche le conclusioni di questa vicenda. (…) Se mi si chiedesse quanto resterà in futuro dell’immenso chiacchericcio relativo a quello che in questa età berlusconiana è stato chiamato il gossip mediatico di stampa, televisione e rete, risponderei senza esitazione che non resterà assolutamente nulla. (…)
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→ dicembre 11, 2010

di Alessandro Penati
I tanti dubbi sulla campagna di Russia dell’ Eni sono un chiaro esempio dei problemi che possono sorgere quando una grande azienda a controllo pubblico va a fare affari in nazioni dai mercati opachi e in deficit di democrazia: il confine tra interessi degli azionisti, dei vertici aziendali, del governo (da cui dipende la loro carriera) e del Paese diventa incerto. Problemi che si moltiplicano se, come in Italia, agli interessi pubblici si sommano quelli privati di chi sta al governo. Eni è sotto i riflettori, ma anche Enel ha partecipato alla campagna di Russia: insieme hanno rilevato nell’ aprile 2007 le attività di Yukos (di Khodorkovskij, finito in disgrazia con Putin), per poi rivenderne due anni dopo il controllo a Gazprom, in una transazione economicamente incomprensibile, se non come portage (“spartizione della refurtiva”, in un’ inchiesta di Repubblica ).
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→ novembre 27, 2010

di Alberto Mingardi
La democrazia uccide la responsabilità. Nel suo nuovo libro, Kenneth Minogue dipinge la piramide di contraddizioni che si erge sui resti di un secolo consumatosi, per ingenuità o geopolitica, nella difesa dell’ideale democratico. La vecchia battuta di Winston Churchill, per cui la democrazia sarebbe il sistema peggiore dopo tutti gli altri, andrebbe pensata nel suo contesto per essere compresa anche nelle implicazioni più scomode.
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→ novembre 17, 2010

di Marco Mele
Tempi stretti per l’asta ma restano da liberare i canali occupati dalle tv locali
Le frequenze, all’improvviso. Lo Stato italiano, dopo aver lasciato per decenni l’etere televisivo – risorsa pubblica e scarsa – all’utilizzo dei privati, ora ne mette una parte in gara tra le compagnie telefoniche. Più che l’amor – per le tv, soprattutto in tempo di elezioni – potè il digiuno (di risorse). Tempi rapidi: secondo l’emendamento del Governo alla legge Finanziaria in discussione alla Camera, entro settembre 2011 gli introiti della gara dovranno entrare in bilancio.
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→ novembre 15, 2010

di Stefano Carli
Cellulari, aste delle frequenze. Ecco perchè quei 2,4 miliardi possono restare un miraggio.
Alla manovra di Giulio Tremonti potrebbero mancare all’appello ben più di 2 miliardi di euro perché nei quasi 6 che il ministro considera già in cassa ce ne sono 2,4 che vengono dati per certi come gettito dell’asta per dare alle telecom mobili le frequenze pregiate liberate dalle tv. E che invece certi non sono affatto. Per tutta una serie di ragioni che, assieme, ne renderanno l’incasso una vera corsa ad ostacoli. Il tema è spinoso (gli operatori mobili si tengono per ora abbottonatissimi, anche perché non si aspettavano di doverlo affrontare così presto) e ci sono molti modi per raccontarlo. Alcuni semplici. Altri molto meno. Iniziamo dai primi, che è come la vede Tremonti.
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→ novembre 15, 2010

The BBC is one of Britain’s proudest institutions, but of late it has been humbled. The state-owned broadcaster’s reputation has taken a public battering.
It has been presented as terminally arrogant and out of touch – whether for overpaying star presenters and top executives; or for its triffid-like expansion into new sectors of the media while its private sector rivals are retrenching. The Jonathan Ross affair and its reluctance to apologise for bogus allegations made about Bob Geldof’s charitable activities have prompted derision about the BBC’s inability to regulate its output.
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