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→  ottobre 20, 2011


Appello finale a Berlusconi per una potente frustata all’economia

Onorevole presidente del Consiglio, la “storica frustata per lo sviluppo”, da Lei stessa annunciata a gennaio sul Corriere della Sera, è – ora più che mai – improcrastinabile. La premessa per tornare a “fare”, però, è innanzitutto la fuoriuscita dal paradigma fatalista e catastrofista che deprime gli spiriti animali di imprenditori e lavoratori e costringe la politica economica nel sonno dell’immobilismo.

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→  ottobre 18, 2011





→  ottobre 13, 2011


Lettera di Raffaele Bonanni

Caro Direttore, le tormentate vicende della Banca Popolare di Milano chiamano in causa il dibattito sul modello di «corporate governance» dell’ impresa e su quale deve essere il ruolo dei lavoratori e dei sindacati in una moderna democrazia economica. Confronto tanto più acceso poiché la Bpm è l’ unica banca popolare nella quale l’ Associazione degli azionisti dipendenti esprime, storicamente, la maggioranza del consiglio d’ amministrazione. La Cisl, dalla sua nascita, ha un pensiero forte in proposito: il superamento dell’ antagonismo può trovare nell’ azionariato diffuso, a partire da quello dei lavoratori, i titoli giuridici per la partecipazione alla proprietà dell’ impresa. Le banche popolari rappresentano, sotto questo profilo, la forma più compiuta di partecipazione al governo dell’ impresa: il voto capitario, il tetto al possesso azionario, i limiti nelle deleghe di voto configurano la forma più avanzata di democrazia economica. Non credo, infatti, che possa dirsi compiuta una democrazia che arresta i suoi istituti sulla soglia dell’ impresa. A maggior ragione nel contesto globale del nostro tempo, laddove numerose imprese multinazionali vantano fatturati di gran lunga superiori ai Pil di molti Stati nazionali, decidendo il destino degli investimenti, dell’ occupazione, del reddito, del consumo, della coesione o dell’ imbarbarimento sociale. Ciò non toglie che il modello partecipativo della Bpm, che noi continuiamo a sostenere, abbia contribuito ad acutizzare le anomalie gestionali e le difficoltà della banca perentoriamente richiamate dall’ ispezione della Banca d’ Italia. Perché è accaduto? Un primo fattore è riconducibile al primato dell’ Associazione degli azionisti dipendenti nel governo della banca. All’ inizio un successo importante per tutti i lavoratori. Nel tempo, tuttavia, quel primato è stato contaminato da processi involutivi e degenerativi che sono venuti alla luce quando, a metà settembre, alcuni organi di informazione hanno rivelato l’ esistenza di un accordo «segreto» sulle carriere riservate ai vertici sindacali della Bpm. Quell’ accordo, che segnala l’ esistenza, da tempo, di politiche clientelari e spartitorie nella gestione del personale, è incompatibile con la tutela uguale e universale dovuta a tutti i lavoratori. La Cisl, come è noto, a differenza di altre organizzazioni sindacali, è intervenuta attraverso la Fiba, la federazione di categoria, con la massima determinazione, convinta della necessità di essere rigorosi con se stessi, prima di esserlo verso gli altri. Occorre voltare pagina. Vogliamo restituire la Banca, dopo la perentoria censura dell’ ispezione della Banca d’ Italia, alla sua vocazione originaria di banca della piccola e della media impresa, delle sue economie e delle sue comunità di riferimento. Bisogna chiudere irreversibilmente l’ epoca delle clientele, delle cordate, delle spartizioni, offrendo a tutto il personale pari opportunità di carriera, equità dei criteri di valutazione del merito, partecipazione ai risultati. Ma nello stesso tempo, occorre difendere il modello di «governance duale» in quanto architettura istituzionale ottimale per separare i compiti di indirizzo strategico e di controllo tipici dell’ azionista, dalla gestione che compete al top management. Lo si può fare rafforzando le competenze e i poteri del consiglio di sorveglianza, troppo limitati nell’ attuale ipotesi di Statuto, associandone l’ esercizio a maggioranza qualificata. La Cisl si batterà per un efficace riposizionamento strategico della Banca, per far crescere la produttività, con la massima attenzione ai livelli occupazionali e al reddito dei lavoratori. Questa è la strada per salvare l’ inestimabile valore sociale e di partecipazione del patrimonio cooperativo che Bpm ha costruito nella sua lunga storia.

→  ottobre 13, 2011


di Paolo Conte

Ma i militanti si dividono: «Giusto». «No, sei vecchio» Ha cambiato il rapporto tra tecnologia e vita quotidiana, ma noi siamo per il software libero


Quel «Ciao Steve» sulla mela Apple colorata col simbolo di Sinistra e libertà su sfondo nero, apparsa ieri su molti muri di Roma, ha aperto una ferita nell’ anima di Sel. Da una parte l’ Area metropolitana di Roma, autrice del manifesto, guidata dal segretario Giancarlo Torricelli. Dall’ altra lui, Nichi Vendola, il presidente nazionale eletto un anno fa dai 1.500 delegati nazionali al congresso fiorentino. All’ unanimità. Vendola, per prendere le distanze da Torricelli e dal suo necrologio pubblico per Jobs, emette un comunicato diramato alle agenzie e collocato sul sito del partito: «Il genio di Steve Jobs ha cambiato in modo radicale, con le sue invenzioni, il rapporto tra tecnologia e vita quotidiana. Tuttavia fare del simbolo della sua azienda multinazionale – per noi che ci battiamo per il software libero – un’ icona della sinistra, mi pare frutto di un abbaglio». Proprio così, scrive Vendola: un abbaglio. Ma non basta, segue una vera sconfessione: «Penso che il manifesto della federazione romana di Sel, al netto del cordoglio per la scomparsa di un protagonista del nostro tempo, sia davvero un incidente di percorso. Incidente tanto più increscioso in quanto proprio in questi giorni nella mia Regione stiamo per approvare una legge che, favorendo lo sviluppo e l’ utilizzo del software libero segna in modo netto la nostra scelta». Dunque, un incidente increscioso. Una scomunica. Ma la base non condivide con la stessa unanimità del congresso fiorentino. Anzi. Vendola ha pubblicato il suo testo sulla sua pagina personale su Facebook scatenando reazioni fortissime. Concetta Alessandra Colavecchio ironizza: «Pentirsi di un manifesto funebre. Questa mi mancava». Mauro Spinelli Gentile si rivolge con un rispettoso «lei» al «presidente Vendola» per una durissima contestazione: «Tenga presente che un suo post come quello sopra rende benissimo l’ idea del perché ci troviamo con Berlusconi al governo e ancora non ne veniamo fuori». C’ è chi entra nel merito delle scelte di Vendola proprio in materia informatica, per esempio Marco Furia: «La cosa ridicola è che Vendola ha dichiarato di essere a favore dell’ open source quando invece ha stipulato una convenzione per la Regione Puglia con Microsoft!!! Chiaro???». Claudio Bacchetti invece si dichiara semplicemente «d’ accordo con Vendola». Anche Matteo Rapone appoggia Vendola e contesta anche gli spazi irregolari usati da Sel di Roma: «Vorrei i nomi degli autori dell’ iniziativa e vorrei anche che si autosospendessero dal partito. Se fossi iscritto nella sede romana, nonostante l’ intervento di Vendola, avrei dato indietro la tessera. È una caduta di stile e una str…, a prescindere di come la si pensi su Jobs. Tanto più che i manifesti sono anche abusivi, che schifo!». Forse Vendola non si aspettava di sentirsi accusato, proprio lui, di passatismo. E invece, ecco Gianfranco Ciavarella: «Delle volte sei afasico, pesante, vecchio! Software libero? Va benissimo esattamente come va benissimo essere liberi di acquistare quello di Jobs, non credi? Battaglie dell’ Ottocento esattamente come quelle della Confindustria. Siete l’ uno il negativo dell’ altra». Fabrizio Benassi implora l’ indicazione di altri modelli: «Ditemi allora un’ icona di sinistra, che sia però costruttiva e propositiva e che non nasca e non sia solo il figlio illegittimo del “cattivo” di turno. Forse Carlin Petrini. Per le altre icone candidate si accettano suggerimenti…».

→  ottobre 1, 2011


Il caso dopo le denunce dei passeggeri

Una nuova «caccia alle streghe», una vera e propria «rappresaglia mediatica ai danni dei lavoratori». A scagliarsi contro il proliferare di notizie, riportate con rilievo dai media, che riguardano gli autisti del trasporto pubblico ripresi a guidare parlando al telefono cellulare, sono i sindacati del settore Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl trasporti. «Video, denunce, querele, aggressioni fisiche e verbali si susseguono ogni giorno contro chi gestisce la sua vita all’ interno dell’ intricata giungla metropolitana – denunciano i sindacati in una nota a lavoratori e azienda – Operatori tpl come presunti colpevoli, sempre. O peggio, come colpevoli a priori, dall’ innocenza tutta da dimostrare. E il mondo giudica.

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→  settembre 22, 2011

di Marianna Rizzini

La Rai è in coma, la Rai è morta, la Rai è in pericolo, il canone Rai è la tassa più odiata dagli italiani (sondaggio sul Corriere, qualche giorno fa), la Rai va venduta, la Rai è un carrozzone vuoto, in Rai sono tutti “servi della politica” Simona Ventura a Vanity Fair, dopo il passaggio a Sky), in Rai ci si sente “precari” (Fabio Fazio, prossimamente in onda su Rai e La7), la “Rai ci ha rotto” (Patrizia Mirigliani, patron Miss Italia), “ha senso restare” in questo cda Rai? (Nino Rizzo Nervo, consigliere di centrosinistra dopo il niet del cda a Serena Dandini), “ha senso restare in Rai?” (Lucia Annunziata, dopo il niet a Serena Dandini): dici “Rai” ed è subito disgusto, orrore, presagio di sventura. E’ vero che la settimana scorsa, prima del niet a Serena Dandini, un Giovanni Floris istituzionale si è levato a dire che no, lui non crede “che la Rai sia alla fine”, e però dopo il niet ha un po’ ritrattato, parlando di Rai3 come di una rete “smontata a pezzi”. E insomma sono giorni in cui i difensori della Rai, se ci sono, stanno volentieri zitti.

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