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→  ottobre 23, 2013


Intervista di Livia Zancaner a Salvatore Bragantini
Domani mozione in Senato per rafforzare poteri Autorità.

Dare alla Consob il potere di stabilire, caso per caso, il verificarsi di situazioni di controllo di fatto di una quotata, indipendentemente dalla percentuale acquisita, ‘è errato, perchè una legge di questo tipo c’era già, è stata un’esperienza negativa e per questo è stata superata’.
Salvatore Bragantini, commissario Consob dal 1996 al 2001, gli anni della maxi opa della Olivetti di Roberto Colaninno su Telecom (1999) e del passaggio alla Olimpia di Marco Tronchetti Provera (2001), è ‘contrario, nonostante la stima, alla mozione che presenteranno domani in Senato Mucchetti e Matteoli’ e ‘perplesso’, poichè la legge in vigore dal 1992 al primo semestre 1998 (legge 149/92) non fissava una percentuale per definire il passaggio del controllo, ma spettava alla Commissione decidere di volta in volta. Una situazione ‘difficile da gestire e da amministrare’, spiega Bragantini, superata poi con l’introduzione del Tuf nel 1998 che ha introdotto la soglia del 30% oltre la quale scatta l’opa obbligatoria.
L’ex commissario cita come esempio il caso Ferfin, ‘che, dato l’azionariato, aveva una soglia opa pari a zero: nel novembre del 1995 la Consob impose a Mediobanca di lanciare l’opa dopo l’acquisizione del 10,7% di Ferruzzi Finanziaria’. La proposta dei presidenti delle commissioni parlamentari Industria e Infrastrutture, Massimo Mucchetti e Altero Matteoli, arrivata sulla scia delle polemiche legate all’incremento della quota della spagnola Telefonica in Telco, la holding che con il 22,4% di Telecom riesce di fatto a blindare le assemblee, prevede di modificare il Tuf rafforzando i poteri Consob e aggiungendo alla soglia del 30% una seconda soglia ‘mobile’, legata al controllo di fatto. ‘Oltre all’insicurezza legata alla gestione, non condivido l’idea di scoraggiare in via preventiva possibili cambiamenti di controllo con l’introduzione di una soglia mobile. È sbagliato legiferare sotto la spinta dei singoli eventi: se la prossima volta ci accorgiamo che la soglia mobile ha impatti negativi, la modifichiamo di nuovo?’ Senza contare che anche nel 2007, quando vi fu il passaggio delle azioni Telecom da Olimpia a Telco senza passare dal mercato, furono sollevate le stesse discussioni sulla possibilità di modificare la legge sull’opa, per poi concludersi con un nulla di fatto. ‘La questione Telefonica, che da gennaio 2014 ha la facoltà di salire al 100% di Telco, non deve essere affrontata così, ma in un altro modo: Telecom ha semplicemente bisogno di un aumento di capitale. Il consiglio di amministrazione dovrebbe avere il coraggio di approvare l’aumento di capitale, che passerebbe quindi dall’assemblea dei soci. A quel punto Telco dovrebbe essere esclusa per conflitto di interesse. L’alternativa alla ricapitalizzazione, che Telco non vuole, e’ la vendita delle attivita’ sudamericane, ipotesi che costringerebbe la società a vendere i pezzi migliori’.

→  ottobre 22, 2013


di Massimo Mucchetti

Al direttore.

Siamo sicuri che il Financial Times abbia ragione a dare l’allarme sul ritorno del protezionismo industriale in Italia? Ne sono convinti Francesco Giavazzi e altri 25 economisti e manager che nei giorni scorsi hanno sottoscritto un appello del Foglio: tra questi, noto ex presidenti della Cassa depositi e prestiti, dell’Acea e dell’Enel, consiglieri di amministrazione dell’Iri e dell’Eni Prima Repubblica ed ex parlamentari che chiusero un occhio sugli aiuti pubblici del Cip 6 all’industria elettrica privata.
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→  ottobre 20, 2013


di Giovanni Belardinelli

Colpisce e preoccupa l’assenza di opinioni critiche riguardo al disegno di legge che intende punire con la reclusione fino a tre anni chi si renda colpevole del reato di negazionismo. La legge, che ha sostanzialmente l’appoggio di tutte le forze politiche, non è stata ancora approvata dal Senato solo per una questione procedurale (la richiesta del M5S che a votarla sia l’Aula tutta e non soltanto la commissione giustizia in sede deliberante). Ma con pochissime eccezioni (il radicale Marco Pannella, la giornalista Fiamma Nirenstein) nessuno sembra attraversato da dubbi circa il suo carattere illiberale, che pure dovrebbe essere evidente dato che la nuova norma sanzionerebbe pur sempre delle opinioni. La storica debolezza della cultura liberale nel nostro Paese è testimoniata appunto dal fatto che tendiamo a ignorare come la libertà di opinione si misuri in primo luogo in relazione alle opinioni che non condividiamo e che troviamo anzi aberranti.

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→  ottobre 19, 2013


di Piero Ostellino

Per battere il negazionismo basta il buonsenso, non serve una legge

La bulimia legislativa del nostro Parlamento – figlia di una cultura «buonista», formalmente collettivista e sostanzialmente illiberale della classe politica – ha prodotto un’altra legge priva di senso. La Commissione giustizia del Senato ha licenziato un testo che prevede la condanna da uno a cinque anni «a chiunque nega l’esistenza di crimini di guerra o di genocidio contro l’umanità». Diciamola, allora, tutta: chi andasse in giro a negare quello che hanno fatto Pol Pot in Cambogia e Stalin in Urss, in nome di un’idea personale e criminale di egualitarismo; l’uccisione di preti, suore e di gente comune, da una parte e dall’altra, durante la guerra civile spagnola, passerebbe per matto.

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→  ottobre 12, 2013


di MAssimo Mucchetti

Caro direttore, una volta passi, due volte sono tante, tre volte sono troppe. Quello che si annuncia per il 2014 sarebbe il terzo passaggio di mano della partecipazione di controllo di Telecom Italia senza che i nuovi «padroni» lancino un’offerta pubblica d’acquisto rivolta ai soci di minoranza. I benefici del controllo sono riservati ai soci eccellenti della finanziaria Telco, che detiene il 22,4% dell’ex monopolio dei telefoni. Un simile esito può e deve essere criticato sia perché danneggia l’85% della compagine azionaria (contando le azioni di risparmio) sia perché Telefonica sarebbe il «padrone» meno adatto che si possa immaginare. E questo per almeno tre ragioni: a) Telefonica ha già molti debiti e una storia di feroce monopolio in Spagna, dunque non è credibile quando promette investimenti in Italia per rassicurare il nostro Governo e rabbonire Antitrust e Agcom; b) la multinazionale iberica sta già trattando lo spezzatino di Tim Brasil, la gallina dalle uova d’oro del gruppo italiano: a Vivo, la sua filiale locale, Telefonica intende riservare le attività di Tim Brasil in alcuni Stati della confederazione brasiliana, al messicano Carlos Slim le attività di altri Stati e tutto il resto al tandem Oi-Portugal Telecom, indebitato ma benedetto dalla presidente Dilma Roussef; c) l’accordo negoziato da Telefonica a suo proprio beneficio dovrà essere ratificato dal consiglio di Telecom dove gli unici non in conflitto di interessi sono ormai i consiglieri eletti dalle minoranze. Ma, per quanto lo si possa criticare, un tale esito sarebbe legale.Secondo il Testo unico della finanza, che risale al 1998, l’obbligo dell’Opa (offerta pubblica d’acquisto) scatta solo quando un investitore accumuli una partecipazione superiore al 30% della società bersaglio ovvero quando cambi la maggioranza assoluta di una scatola finanziaria o di un sindacato azionario che possiedano la partecipazione superiore al 30%. Se il cambio del controllo avviene sotto la soglia del 30%, il nuovo dominus può lasciare gli altri soci a bocca asciutta. Questo sacrificio delle minoranze azionarie venne a suo tempo giustificato con la natura pionieristica della normativa sull’Opa obbligatoria (la Germania, se ben ricordo, non l’aveva ancora) e con l’idea che il cambio del controllo facesse bene non solo ai venditori privilegiati ma anche all’azienda. Dopo 15 anni di esperienza, anche i sassi hanno capito che il cambio del controllo non è un vantaggio in sé: talvolta fa bene e talaltra fa male. In Telecom Italia, per dire, ha fatto malissimo.Si può rimediare prendendo spunto dal caso Telco-Telecom per modernizzare il mercato, pensando anche a Generali, Pirelli piuttosto che alle aziende pubbliche’ Il Senato ci sta provando. Ieri è stata depositata una mozione che impegna il governo ad aggiornare, attraverso la decretazione d’urgenza, la normativa sull’Opa obbligatoria aggiungendo alla soglia secca del 30% una seconda soglia determinata dalla partecipazione che dà il controllo di fatto, quando questa sia inferiore al 30%. La mozione, che ha raccolto consensi vastissimi e autorevoli, induce il Governo ad avere coraggio. Le possibili obiezioni, del resto, sono inconsistenti.A chi imputasse a questa riforma effetti retroattivi sul caso Telco-Telecom, il Governo potrà ricordare quanto ha appena detto in Senato il presidente della Consob, Giuseppe Vegas: il passaggio del controllo nel sistema Telco-Telecom è stato annunciato ma non ancora eseguito e dunque, fino all’attribuzione dei diritti di voto alle nuove azioni Telco in mano a Telefonica (che avverrà nel 2014), la normativa sull’Opa può essere modificata senza effetti retroattivi sul caso specifico.A chi lamentasse un effetto frenante sugli investimenti esteri, il Governo potrà osservare che un conto sono gli investimenti nelle attività reali, un altro conto sono quelli finanziari. I primi sono sempre i benvenuti, ma in questo caso non un euro va all’azienda Telecom Italia. I secondi vanno visti caso per caso. Questa volta, con 850 milioni, gli spagnoli vorrebbero prendersi una società che vale almeno 11 miliardi, danneggiando gli investitori esteri che hanno messo i loro denari direttamente in Telecom.A chi prospettasse la difficoltà di individuare le situazioni di controllo di fatto, il Governo potrà rispondere che sarà facile per la Consob accertare ogni anno quali siano gli azionisti che, da soli o in concerto tra loro, abbiano nominato per almeno due assemblee di seguito la maggioranza assoluta del consiglio di amministrazione, con ciò esercitando un’influenza dominante nella società.A chi esortasse a non avere fretta perché la materia è complessa, il Governo potrà far presente che, essendo la soluzione molto semplice, ogni rinvio favorisce Telefonica e i suoi partner, Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo. I quali potrebbero anche anticipare le decisioni in Brasile e finalizzare il contratto.A chi infine bollasse come antieuropea la doppia soglia, il Governo ricorderà che europeisti come Mario Draghi e Tommaso Padoa-Schioppa nutrivano serie riserve sulla soglia unica fin dall’origine e che la direttiva Ue 2004/25/CE lascia agli Stati la definizione della soglia medesima, unica o doppia che sia. E se a lamentarsi fosse Telefonica, le si potrebbe sempre ricordare che l’iniziativa del Senato copia la normativa spagnola.Dopo di che, se Telefonica mettesse sul tavolo i denari dell’Opa, ci toglieremo il cappello e verificheremo quanto il debito impatti sugli investimenti nella rete. Ogni cosa a suo tempo.

→  ottobre 2, 2013


di Sergio Cesaratto

Siamo d’accordo con quanto afferma Franco Debenedetti, sul Foglio di venerdì scorso, nel suo commento al “Monito degli economisti”, l’appello pubblicato sul Financial Times lo scorso 23 settembre e poi presentato in un’intervista al Foglio dall’economista Riccardo Realfonzo: le vicende e le leggi economiche non si ripresentano meccanicamente nella storia, la quale risulta da un intreccio complesso fra economia e scelte politiche. Si riafferma una banalità nel sostenere che, tuttavia, l’evocazione attenta degli eventi storici è fondamentale per avere una guida alle scelte correnti. E Debenedetti converrà con noi che le scelte politiche non possano svolgersi senza riguardo ad alcuni principi economici di fondo.

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