Caso Santoro-La 7 Due cattivi pensieri

luglio 3, 2011


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di Massimo Mucchetti

Con «Annozero» la tv di Telecom avrebbe problemi. E così Bernabé…

Due cattivi pensieri? Ecco il primo: il premier non è intervenuto su Telecom Italia per bloccare l’ ingaggio di Michele Santoro a La 7; è stato Franco Bernabé a usare la minaccia Santoro per stoppare il ministro Romani, che voleva inserire l’ esproprio della rete Telecom nella manovra sui conti pubblici. Un tale provvedimento avrebbe vanificato tre anni di resistenza dell’ azienda al governo e ad alcuni dei suoi stessi soci, Cesare Geronzi in primis.

Offrendo e poi negando La 7 al terribile Michele, il callido manager di Vipiteno avrebbe intimorito il mondo berlusconiano ottenendo la definitiva marcia indietro sulla rete, cuore dell’ impresa. Secondo cattivo pensiero: l’ astuto intellettuale della Magna Grecia (Santoro viene da Salerno) ha fatto i suoi giri di valzer extra moenia per farsi riaprire, da vincitore, le porte della Rai da quello stesso partito Mediaset che governa oggi il servizio pubblico e può temere ne La 7 rilanciata un nuovo concorrente. Benché non siano sempre l’ anticamera della verità, i cattivi pensieri fanno emergere due fatti. Uno riguarda Santoro. La sua tv è ricca, manipolatoria, cinematografica, post moderna, capace di suscitare le emozioni, di navigarci dentro e fare comunità, ben oltre i talk show alla Ballarò e le belle inchieste tipo Report. Chi la può ospitare? O la Rai, che interpreta le diverse culture del Paese, oppure la tv di un editore puro, che ne faccia la sua scommessa imprenditoriale. In quest’ ultimo caso, l’ incognita sta nei conti. La fresca storia del Fatto Quotidiano insegna che è meglio partire con costi stracciati e crescere. Annozero, invece, ha costi elevati e non è detto che un piccolo editore puro possa raccogliere subito gli stessi spot della Rai, anche a parità di ascolti. Così come non è scontato che in un palinsesto tutto ribellista Annozero abbia tanto stabile risalto quanto nel menù della Rai. Il secondo fatto riguarda Telecom. Da gerente di telecomunicazioni, Bernabé sa che la tv gli può dare più danni che vantaggi. Tra La 7 e Telecom c’ è un doppio conflitto d’ interessi: verso la politica regolatrice e verso i soci (Telefonica, Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo). Un conflitto che c’ era prima di Santoro, sarebbe rimasto con lui e continuerà senza di lui, fatta salva la capacità degli altri, a La 7 come altrove, di tenere la schiena diritta. Ma guardiamo oltre l’ ego delle star. A Telecom non conviene irritare metà del pubblico, che gli dà 27 miliardi di ricavi telefonici, con una tv santorizzata, che renderebbe qualche centinaio di milioni di pubblicità. Telecom avrebbe dunque interesse a vendere La 7. Ma c’ è modo e modo di farlo. Se è ancora il manager che spazzò via partiti e affaristi dall’ Eni, Bernabé vorrà vendere bene La 7 o quanto meno distanziarsene, ma in modo utile al Paese. Per esempio, dando a La 7 una nuova proprietà depurata dai conflitti d’ interesse, magari modellata all’ inizio sullo schema del private equity per evolvere poi verso un azionariato diffuso e protetto da adeguati statuti. Una tale tv, se avesse successo, potrebbe partecipare al grande gioco multimediale e annettersi, a quel punto, anche Santoro e non solo Santoro.

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