Un esame di coscienza e una proposta capace di mandare ai mercati (anche agli imprenditori che Ciampi accusa di neghittosità) un segnale chiaro
Appena ho letto la puntigliosa ed orgoglisa rivendicazione del Ministro Ciampi delle privatizzazioni effettuate, ho fatto un esame di coscienza.
Quando poi ho letto il rimbrotto di Ciampi ai nostri imprenditori, che avrebbero investito troppo poco, mi è parso ci fosse un nesso tra le due cose.
Uno Stato che occupa tanta parte dell’economia, non solo restinge la sfera di iniziativa dei privati, ma riduce anche il numero di imprenditori che si formano. Il giudizio sul processo di privatizzazione, dunque, deve essere dato non in base a quanto è stato fatto, che certo non è poco, ma a quanto si deve fare, che è ancor di più.
L’occasione é proprio la verifica del programma di Governo. E a questo fine io avanzo una proposta: una proposta concreta, che tiene conto sia dei vincoli di maggioranza che degli impegni a suo tempo presi dal Presidente del Consiglio. Una proposta realizzabile a breve, capace di mandare ai mercati (anche agli imprenditori che Ciampi accusa di neghittosità) un segnale chiaro.
Primo: quotare Wind, vendendo il 60% delle azioni. In Borsa si dice buy on rumors, sell on facts. Qui i fatti ci sono, Enel ha vinto una scommessa fatta con il suo azionista e ha avuto la concessione per il terzo gestore di telefonia cellulare. L’operazione non richiede gli scivolosi passaggi della ricerca del nucleo stabile, si potrebbe fare in poco tempo, finché la Borsa é così ricettiva (e se Tatò pensa che la Borsa possa ancora salire, assicuri il ricavato investendolo sull’indice delle Borse mondiali…).
Secondo: sempre nel campo dell’energia elettrica, ma sempre restando ai bordi della zona dichiarata off-limits da Bertinotti. Lo status giuridico delle concessioni alle municipalizzate non é molto chiaro. Qualcuno sostiene che si tratta di subconcessioni dell’Enel, la cui validità sarebbe subordinata al mantenimento in mano pubblica della maggioranza del pacchetto azionario. Questa incertezza diminuisce il valore delle aziende municipali, senza beneficio per nessuno. Il Governo chiarisca definitivamente che le aziende elettriche hanno autonome concessioni per la produzione e la distribuzione locale, senza vincoli per la relativa proprietà.
Terzo: é in discussione al Senato la legge di riordino delle fondazioni bancarie. No, non si chiedono misure che rendano certe e rapide le dismissioni: a questo sta già pensando il mercato. Ma intanto troviamo le fondazioni nei nuclei stabili di INA e di Telecom, per la Compagnia di San Paolo si é letto ripetutamente di un posto nel futuro sindacato di controllo della FIAT. Sarebbe grottesco che un processo inziato otto anni fa per far vendere le banche e rimetterle sul mercato terminasse con le fondazioni che partecipano incontrolate al controllo delle grandi imprese private. La maggioranza dunque, tutta la maggioranza, si impegni a introdurre nella legge l’obbligo per le fondazioni di investire i proventi dalle dismissioni bancarie solo tramite investitori profesionali, che facciano velo tra loro e il mercato.
Tre proposte semplici e chiare. Ma se niente di tutto ciò o di simile dovesse avvenire, allora la sola polemica contro gli imprenditori privati lascerebbe davvero il tempo che trova.
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luglio 16, 1998