Bersani alle prese con Berlusconi e M5S: due pesi e due misure

aprile 9, 2013


Pubblicato In: Giornali, Huffington Post


Due pesi e due misure, sono quelli che usa Bersani nei riguardi di M5S da un lato, PdL dall’altro. E questo nonostante l’esplicito corteggiamento ai grillini si sia concluso con il famoso incontro in streaming tra le due delegazioni, risultato in un’umiliazione quale mai nella sua storia subì la sinistra italiana. Nonostante la democrazia diretta che hanno in mente i grillini sia inconciliabile con la democrazia rappresentativa, propria della Costituzione nostra e di tutti i Paesi che ci circondano, e degli assetti istituzionali preferiti dal PdL.

Nonostante sia difficile qualificare come strategia quella di tirare avanti sbocconcellando qualche senatore ai grillini, mentre è certamente difficile sostenere che la sinistra non potrebbe fare con un proprio premier quello che un premier “tecnico” ha fatto per più di un anno, questa è la strada che Bersani preferisce.

Due pesi e due misure, anche se si parla di Quirinale. Bersani non si rende conto che, accettando di discuterne con la destra, non fa nessuna concessione. La minaccia “il Presidente ce lo eleggiamo da soli” è politicamente indecente per il partito che la enuncia, fa il paio con l’umiliazione che ha subito. Oltretutto è impraticabile: se pur Bersani riuscisse ( e non ci andava molto a sapere che non ci sarebbe riuscito) a portarsi dietro tutti i senatori Pd e Sel su una strategia così divisiva, come farebbe Monti ad accettare una contraddizione così plateale con tutto ciò che ha praticato e predicato per un anno e più?

Come farebbero i grillini, per cui “uno vale uno”, a spiegare ai loro elettori che supportano un progetto politico che si basa sul “32 vale 51″, cioè sul premio di maggioranza acchiappato dal Pd sul filo di lana? Accordarsi con il PdL sul Quirinale è una strada obbligata per Bersani, numericamente oltre che politicamente.

Sulla durata della legislatura, più che i pesi sono i mesi a essere diversi: si va da zero, cioè votare subito, a due anni e passa, e questo nonostante l’esperienza Monti dimostri che un governo a tempo è un governo che col tempo si indebolisce. Invece, nell’arco di un tempo ridotto al quello necessario per pochi (otto sono già tanti) e precisi scopi, le distanze tra Pd – PdL sono enormemente minori di quelle Pd – M5S: lo sono, tanto per cominciare, sulla riforma della elettorale, e perfino sulla necessaria ridefinizione dei rapporti con l’Europa. I partiti del bipolarismo hanno interesse comune di mostrare ai milioni di seguaci di Grillo e Casalegno, che a metter insieme i No si riempiono le piazze, ma non si governa.

L’inciucio spaccherebbe il partito, dice Bersani. Lasciare che il partito sia umiliato in streaming, passi; attribuire al partito il proposito di votare al Quirinale qualcuno che divida il paese, anche; tenere il partito in stallo politico per il prossimo paio d’anni – per questi prossimi due anni – pure. Invece guidare un governo di scopo per fare insieme al PdL poche cose necessarie, quello no: sarebbe inciucio.

Un vicolo cieco.

Non era un vicolo cieco per il D’Alema realista del 1996, non lo è per il Veltroni idealista dell’articolo di lunedì su Repubblica. E’ possibile per Bersani uscirne, nell’incontro che dovrebbe avere con Berlusconi? Il problema politico è difficile, diventa impossibile se non c’è un cambiamento di approccio logico, quello sintetizzato dai due pesi e due misure. A molti è chiaro da tempo che questa non è la soluzione, ma il problema. Aumentano quelli che pensano che il problema sia chi insiste a proporla.

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