Basta con l'euroretorica, il modello è Londra

giugno 9, 2005


Pubblicato In: Corriere Della Sera, Giornali

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INTERVISTA

«Credo che la presidenza britannica rappresenti una grande occasione per capire le ragioni profonde della crisi dell’Unione europea», dice Franco Debenedetti, senatore dei Ds convinto che l’Italia abbia bisogno di «una forte iniezione di quel modello britannico troppe volte osteggiato». Il semestre del turno affidato a Londra comincerà il primo luglio. L’esigenza principale è cercare di uscire dalla pericolosa fase di inquietudine nella quale l’Ue rischia di impantanarsi dopo la bocciatura del Trattato costituzionale nei referendum di Francia e Olanda.

In un’intervista pubblicata ieri dal Financial Times, il premier britannico Tony Blair ha sostenuto che l’Europa adesso dovrebbe aprire un dibattito su «un forte modello sociale, ma uno adatto al mondo di oggi». Secondo Debenedetti, per favorire una nuova stagione dell’europeismo i «riformisti» italiani dovrebbero condividere questa impostazione. «Bisogna abbandonare l’euroretorica», è la sua esortazione.

Nel proporre quel dibattito sul modello sociale europeo, Blair prende anche tempo e allontana il referendum sul Trattato nel suo Paese. Non le pare?
«Non credo che ci sia l’intenzione deliberata di rallentare un processo di approvazione del Trattato».

E secondo lei che cosa ci sarebbe?
«Visto che l’esito di un referendum in Gran Bretagna non era sicuro e che i risultati francesi non aiutavano certo il “sì”, perché prendersi un’altra sberla? Secondo me il punto è un altro».

Quale sarebbe, il punto?
«Blair produce un effetto che spiazza. Punta a un confronto tra il modello sociale anglosassone e il modello sociale renano».

Dove sarebbe la novità?
«Si era soliti contrapporre i capitalismi: quello renano e quello anglosassone».

Il modello sociale anglosassone è stato strizzato dal liberismo di Margaret Thatcher e ricostruito da Blair dopo quel tipo di cura. Il renano conserva un’impronta socialdemocratica e popolare. A suo avviso qual è l’obiettivo del primo ministro britannico?
«Spostando il discorso sul modello sociale, Blair va alla radice dei problemi dell’Europa. Da laburista, si vanta del modello che ha introdotto in Gran Bretagna. Giustamente, è orgoglioso di spendere di più per i servizi. Soltanto nelle caricature dei nostri massimalisti quel modello non ha nulla di sociale. Ne ha molto, invece, di sociale».

Perché?
«Perché le spese per i servizi redistribuiscono risorse a vantaggio dei meno abbienti. E questo è stato possibile per un motivo».

Quale motivo?
«Perché la politica di Blair ha regalato al suo Paese una stagione di crescita».

Lei sta sostenendo che senza crescita non c’è torta da dividere fra i cittadini?
«E’ così. In Sassonia c’è una disoccupazione a livelli pre-hitleriani, in Gran Bretagna c’è immigrazione che cerca lavoro. L’Europa ha un vitale bisogno del contributo concettuale, ideale anglosassone».

E questa a suo parere sarebbe la maniera per superare un europeismo diventato vecchio?
«Assolutamente sì. Dobbiamo abbandonare l’euroretorica che vuole tenere insieme tutto».

Che cosa intende per «tutto», senatore?
«Giacomo Vaciago, sul Sole 24 Ore, ricorda che il punto 1-3 del Trattato costituzionale si prefigge un’economia sociale di mercato fortemente competitiva”. E Vaciago commenta: “Sommare mercato e competizione sociale è forse facile sulla carta, ma in pratica chi ci è riuscito tra i 25 Paesi?”. Servono scelte. Soprattutto in Italia, Paese che necessita di una forte iniezione di quel modello anglosassone troppe volte osteggiato».

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