La mia proposta di legge sulla privatizzazione delle banche possedute da fondazioni. elaborata insieme a De Nicola, Giavazzi e Penati, ha avuto consensi e critiche. Adesso riceve dall’amico Nardozzi [onore di un ossimoro: «estremismo dirigista liberale». (Si veda l’articolo «Banche, il sistema si riforma con le strategie» pubblicato sul Sole-24 Ore del 7 marzo).
Estremista forse per effetto ottico: in un panorama così povero di punti di riferimento, tale può sembrare anche una normale soluzione di ricorso al mercato. Quanto al dirigista, che espressione userebbe allora Nardozzi per il progetto Pinza? Questo impone alla fondazione di cambiare gli statuti; impone una percentuale degli utili da devolvere a tini istituzionali: impone una redditività minima sui patrimonio; impone un’autorità di sorveglianza; impone, in attesa di questa, la vigilanza del Tesoro. Ma non dice di vendere, quanto vendere. come vendere, non impedisce di aggirare la legge attraverso holding e incroci azionari. La forma è salva.
Nardozzi pensa che, ad avviare a soluzione il problema. basti «l’ impegno delle due maggiori forze politiche di Governo» a cui fanno riferimento Cariplo e Montepaschi, due delle principali banche in attesa di privatizzazione. Temo non sarà così: in assenza di accordo esplicito su un disegno generale, espresso da una legge, l’”impegno” si snerverebbe — come sempre è stato — in mediazioni, le soluzioni sarebbero — come si cerca che sia — finte. Sembra una scorciatoia. ma è un sentiero che si perde nella macchia mediterranea.
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marzo 13, 1997