Banche, come privatizzare

marzo 13, 1997


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore


La mia proposta di legge sulla privatizzazione delle banche possedute da fondazio­ni. elaborata insieme a De Ni­cola, Giavazzi e Penati, ha avu­to consensi e critiche. Adesso riceve dall’amico Nardozzi [onore di un ossimoro: «estre­mismo dirigista liberale». (Si veda l’articolo «Banche, il sistema si riforma con le strate­gie» pubblicato sul Sole-24 Ore del 7 marzo).

Estremista forse per effetto ottico: in un panorama così po­vero di punti di riferimento, tale può sembrare anche una normale soluzione di ricorso al mercato. Quanto al dirigista, che espressione userebbe allo­ra Nardozzi per il progetto Pin­za? Questo impone alla fonda­zione di cambiare gli statuti; impone una percentuale degli utili da devolvere a tini istitu­zionali: impone una redditività minima sui patrimonio; impo­ne un’autorità di sorveglianza; impone, in attesa di questa, la vigilanza del Tesoro. Ma non dice di vendere, quanto vende­re. come vendere, non impedi­sce di aggirare la legge attra­verso holding e incroci aziona­ri. La forma è salva.

Nardozzi pensa che, ad av­viare a soluzione il problema. basti «l’ impegno delle due maggiori forze politiche di Go­verno» a cui fanno riferimento Cariplo e Montepaschi, due delle principali banche in atte­sa di privatizzazione. Temo non sarà così: in assenza di accordo esplicito su un dise­gno generale, espresso da una legge, l’”impegno” si snerve­rebbe — come sempre è stato — in mediazioni, le soluzioni sarebbero — come si cerca che sia — finte. Sembra una scorciatoia. ma è un sentiero che si perde nella macchia mediterranea.

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