La ragione per cui tanti amano pensare che sia il naso di Cleopatra a decidere dei fatti della storia, è in fondo la stessa ragione per cui ci sono più persone che giocano d’azzardo inseguendo i “ritardi” dell’uscita di un numero al lotto o alla roulette, di quante giochino a scacchi studiando aperture e mosse di chiusura. E’ più confortante pensare che a decidere del nostro destino sia un caso al quale basterebbe poco per sottrarsi, piuttosto che il determinismo implacabile di forze e di mosse, difficile da capire e impossibile da modificare.
E’ quello che sta succedendo in questi giorni: il gioco delle forze politiche al loro interno e tra di loro è sui giornali da mesi, ogni movimento analizzato, ogni parola interpretata, ogni intervista sezionata. Ma qualche ragione psicologica ci spinge a pensare che qualche frase carpita “garnering the confidences” (copyright Giorgio Napolitano) “con tecniche da giornalismo coloniale” (copyright Giuliano Ferrara) valga a riportare in vita una “vociferazione vecchia e bacucca” (idem), capace di portare gente nuova a Palazzo Chigi e al Quirinale, e così avviare a soluzione gli annosi problemi d’Italia.
Questa credenza potrà giovare alle fortune editoriali di un pamphlet, ma nuoce al Paese. Le scorciatoie non esistono, e non esistono gli uomini della provvidenza.
Letta andrà ad ingrossare le fila di coloro che avevano in tasca il biglietto vincente della lotteria e l’hanno perduto. Aveva il Jobs Act, un contenitore lasciato da Renzi sostanzialmente vuoto. Ha nella sua maggioranza Pietro Ichino che basta che apra il cassetto e tira fuori progetti definiti in tutti i dettagli, dalla semplificazione dei codici del lavoro, al contratto di inserimento. Aveva una forza enorme, quella che ha avuto Monti nei primissimi tempi. Monti almeno ha fatto la riforma delle pensioni, lui invece che cosa lascia? A un Paese che ha bisogno come il pane di cambiare racconta che il valore maggiore è la stabilità.
Quanto a Renzi, ha sbloccato lo stallo sulla legge elettorale e sul barocco percorso previsto da Letta per le riforme costituzionali. Ma Renzi sta in piedi solo andando avanti, e i suoi avversari lo sanno: le procedure di approvazioni delle leggi (per non dire delle modifiche alla Costituzione) offrono mille occasioni per ritardare, discutere, stringere momentanee alleanze. Renzi ha dimostrato che il tabù Berlusconi non esiste, ma l’antiberlusconismo resta un collante disponibile anche per alleanze diverse da quelle a cui è servito per vent’anni. Renzi andando a Palazzo Chigi Renzi riprende un momentum che si era un po’ affievolito: ma un metodo valido a scrostare i muri e a spazzar via gli ostacoli non è sufficiente a palificare il terreno su cui costruire.
Il movimento di Renzi ha bisogno di stabilità istituzionale. E con questo si ritorna al discorso iniziale, e a quello che in concomitanza con il lancio del pamphlet si è venuto montando. Non sui fatti, perché quelli hanno la consistenza del fumus, ma sulle “confidences”, e quello che esse rivelano di relazioni, di ambizioni, di progetti. Le ipotesi immaginate a partire da quelle “confidences” sono il naso di Cleopatra: e non giovano a Renzi.
Napolitano ha accettato di impegnarsi in un nuovo mandato con l’esplicito obiettivo, largamente condiviso in Parlamento, di risolvere i nodi della legge elettorale e di alcune riforme costituzionali. Per questo ha sostenuto e difeso il governo Letta finché è stato possibile. Che egli supporti con la stessa tenacia altre soluzioni che il Parlamento vorrà proporre per risolvere gli stessi problemi, il primo a doverselo augurare è proprio Renzi.
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febbraio 13, 2014