Antitrust. Gli errori di Marini e Bertinotti

marzo 12, 2007


Pubblicato In: Giornali, Il Sole 24 Ore

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Fra le Autorità indipendenti l’Antitrust ha una posizione a sé. È compito suo far rispettare le regole del gioco concorrenziale, creare e mantenere il mercato come level playing field, assicurare cioè le condizioni di sistema perché altre Autorità possano esplicare le loro attività: regolazione di specifici settori economici; controllo del mercato in cui si scambiano i diritti di proprietà.

Mercato e concorrenza sono valori che solo recentemente e indirettamente sono stati recepiti nella nostra Costituzione, e che lentamente e in mezzo a molte contraddizioni si diffondono nella nostra cultura: tant’è che la legge assegna all’Antitrust anche il compito di promuovere una cultura della concorrenza.
I compiti dell’antitrust sono dunque politici e tecnici. Tecnici perché l’antitrust è una disciplina tecnica, che impiega strumenti tecnici raffinati; tecnicamente regolate sono le procedure con cui valuta il costituirsi di posizioni dominanti, rileva gli abusi e decreta come sanzionarli. Politici perché deve prendere in considerazioni interessi non coincidenti tra loro, degli imprenditori e dei consumatori, a breve e a medio termine; perché deve preoccuparsi di creare consenso, sia nel Parlamento a cui invia le proprie segnalazioni, sia nell’opinione pubblica e presso i consumatori. Nella sua non lunga storia, la nostra Antitrust si è guadagnata considerazione e rispetto anche perché ha avuto presidenti di grande valore, incominciando dal grandissimo Saja: ed erano tutti o giuristi –giuristi o politici-giuristi (Amato).

È in questa prospettiva che vanno valutate le recenti nomine di due componenti. Vivacemente critico é Roberto Perotti (il Sole 24Ore del 6 Marzo), perché a differenza degli USA e dell’Inghilterra anche questa volta non sono state nominate persone con specifica esperienza in materia: “Commissari antitrust non ci si improvvisa”. Ma ci sono critiche che si possono muovere anche restando all’interno del nostro ordinamento e delle nostre prassi. Non riguardano la competenza, che deve comunque avere un ambito più ampio di quello strettamente tecnico, e che dovrebbe comunque essere valutata in pubbliche audizioni, ma l’opportunità politica.

Prendiamo la nomina di Carla Rabiti Bedogni, che proviene direttamente dalla Consob. ll Governo ha approvato un disegno di legge di riforma delle Autorità, in cui si vietano esplicitamente i passaggi da un’Autorità all’altra. Norma logica, che tende ad evitare creazioni di albi impropri, del genere “albo dei membri di Autorità”, o peggio “albo degli indipendenti”. Un disegno di legge presentato dal Governo non è ancora legge: ma che i Presidenti dei due rami del Parlamento prendano un decisione che contraddice un progetto del Governo già a loro mani, è uno sgarbo istituzionale, verso il Governo e verso gli stessi parlamentari di cui dirigeranno i dibattiti. Detto con tutta la stima per il nuovo componente, non era, come si suol dire tra chi si occupa di M&A, “the last girl in town”, il suo profilo professionale non era insostituibile. Qual motivo impellente ha fatto cadere la scelta su di lei superando una così evidente controindicazione?

Ancora più delicato il caso di Piero Barucci. Il quale “ha ricoperto cariche di vertice in importanti banche italiane nonché è stato presidente dell’ABI […] e proprio l’ABI è stata più volte oggetto delle attenzioni dell’antitrust stesso” (Perotti). Nel controllo del sistema bancario si sono avute grandi novità: in Via Nazionale è ora Governatore un personaggio che fin dall’inizio ha fatto intendere di non avere alcuna intenzione di interferire con il mercato e le sue dinamiche; non c’è giorno che una questione che riguardi le banche e assicurazioni non sia all’onore delle cronache; la legge sul risparmio dà all’Antitrust poteri che prima erano di competenza della Banca d’Italia. Nessuno mette in discussione la limpida storia del prof. Barucci. Ma è legittimo chiedersi se, nominandolo, i Presidenti di Camera e Senato hanno voluto inserire nell’Antitrust persone di specifica competenza bancaria per più efficacemente svolgere i nuovi compiti che le sono stati assegnati, o per più convenientemente usare i nuovi poteri che le sono stati conferiti. Di nuovo: qual motivo impellente ha indotto i Presidenti a sceglierlo, anche se non potevano non sapere che avrebbe suscitato proprio questo interrogativo?

A differenza di Perotti, io non metto l’accento sui criteri di selezione: trovo infatti logico che quelli previsti dalla nuova legge, trasparenti e basati su curricula, vengano applicati quando saranno cambiati anche i poteri di nomina. E neppure sui precedenti di Guazzaloca e Pilati, che, a distanza di due anni, possono essere giudicati per il loro operato: l’Antitrust in questo periodo si è segnalata per una accresciuta capacità di intervento. E’ una cosa diversa che vorremmo sapere: posto che la legge affida la scelta al libero potere dei due Presidenti, posto che le loro valutazioni siano state responsabili: quali sono le impellenti ragioni che li hanno indotti a procedere pur sapendo che andavano incontro a due critiche pesanti, lo sgarbo istituzionale in un caso, la storia personale nell’altro?

Se non abbiamo risposta convincente a questa duplice domanda, i primi ad essere danneggiati saranno proprio i due componenti testè nominati: perché questo interrogativo se lo sentiranno addosso, dovranno fare qualcosa in più per dimostrare che è infondato, e per questa ragione saranno meno liberi e meno indipendenti.

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di Alberto Statera – La Repubblica, 19 marzo 2007

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