dalla rubrica Peccati Capitali
Di Pietro attacca a testa bassa il Governo: fa marcia indietro sul nucleare solo per rendere più difficile che i “suoi” referendum raggiungano il quorum, vuole evitarsi una sconfitta politica. Qualunque sia l’intenzione, l’accusa é fuori bersaglio. Dai disastri si deve imparare: dopo Fukushima, chi ha impianti nucleari ne verifica la sicurezza anche a costo di spegnerli; chi li ha solo sulla carta, che dovrebbe fare, andare avanti come se nulla fosse?
Per Di Pietro, Berlusconi é la nuora, la suocera é il PD: ha subìto l’iniziativa dello scomodo alleato, oggi può recuperarla prendendone le distanze. Il referendum sul nucleare, dopo l’abrogazione del governo non ha più nulla da abrogare, se anche la Corte ne chiedesse lo svolgimento, sarebbe per motivi puramente formali. Quello sul legittimo impedimento riguarda la meno illogica tra le leggi ad personam. L’essenza della consultazione del 27 aprile é dunque la cosiddetta privatizzazione dell’acqua: una mistificazione populista, perché l’acqua é e resta pubblica, sono e restano pubblici i tubi che la trasportano, a dover essere svolti da privati o da pubblici, ma a seguito di una gara, sono le opere di manutenzione ed ampliamento, il rilevamento dei consumi e la loro fatturazione.
Il PD ci ha provato per 15 anni, la prima proposta di legge porta la firma di Giorgio Napolitano, Ministro dell’Intermo con Prodi: rinnega la propria storia se solo perché l’ha presentata il Governo rifiuta una norma che va nella stessa direzione. Il Paese ha bisogno di servizi erogati con trasparenza e efficienza, ha bisogno soprattutto di una opposizione di governo. Il PD ha una ragione esistenziale per impegnarsi perché il referendum sull’acqua non passi. In un modo o nell’altro.
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aprile 26, 2011