Picchiato dal lavavetri al semaforo: non aveva mille lire in tasca.
Una storia come tante, due colonne in cronaca, presto dimenticata; neppure delle più gravi, e mi scuserà il sig. Calarco che a momenti aveva il setto nasale fratturato.
L’immigrazione clandestina presenta fenomeni macroscopici: le bidonvilles di Villa Literno, la prostituzione su scala industriale delle periferie urbane, la capillare organizzazione dello spaccio di droga. Ma è con queste storie di quotidiana violenza che la convivenza con la criminalità degli extracomunitari diventa un problema che interessa tutti, suscita reazioni collettive che si ingigantiscono. E modifica anche orientamenti e opinioni che erano ferme e radicate finché il problema non lo si è toccato con mano. Il sig. Calarco, meccanico alla Amiat, 53 anni, potrebbe anche essere un elettore progressista: che cosa ne pensa oggi del solidarismo che pure in passato potrebbe aver condiviso? La soluzione più logica – definiamo le quote di immigrazione in base alle necessità e alle possibilità di inserimento – è teoria pura: non ci riescono gli Usa, con radar ed elicotteri, a controllare la frontiera con il Messico, figurarci noi, con le migliaia di chilometri di coste e gli striminziti bilanci delle forze armate. Oltretutto significherebbe chiudere glí occhi sul fatto che in molti casi gli extracomunitari sono una risposta – illegale e distorta fin che si vuole – a problemi di mercato. Non penseremo certo che gli immigrati impiegati nella raccolta del pomodoro vengano alla spicciolata di loro iniziativa! Stesso discorso per le prostitute nigeriane, che una sapiente logistica distribuisce e sposta da una `piazza’ all’altra. Se si vendono sigarette di contrabbando agli angoli delle strade, non è perché ci sono i marocchini, ma perché c’è il monopolio. Se nessuno comperasse la chincaglieria che ingombra i portici di piazza Castello (o se nessuno si facesse lavare il vetro) non ci sarebbero né ambulanti né lavavetri. Il mercato crea anche delle sue nicchie infime, e ci sono sempre dei derelitti pronti e riempirle.
Ma non credo il signor Calarco troverebbero molto interessanti queste divagazioni: forse anche gli ripugnano, spero, le soluzioni grottesche proposte da leghisti, di prendere le impronte dei piedi. o quelle inquietanti di sparare con pallottole di gomma. E bene ha fatto Castellani a esprimere subito il suo fermo dissenso. Ma per quanto ancora il signor Calarco non cambierà idea?
Io ammiro e condivido la sensibilità, il rispetto per la cultura giuridica che è parte della nostra cultura, quella in nome della quale Luigi Manconi respinge anche l’idea di espellere subito gli immigrati sorpresi in flagranza di delitto. Ma se la soluzione militare è impossibile, se l’economia di mercato serve a spiegare ma non a risolvere, qualche risposta bisognerà pur darla: una risposta non risolutiva, non completa, ma comunque qualcosa. Si tratta di rendere questo paese un po’ più scomodo, un po’ meno tranquillo, un po’ meno garantista per chi delinque. Cominciando da questa città. Si tratta di riconoscere che la parte della legge Martelli che riconosce il diritto di ricorrere al Tar contro il decreto di espulsione ha prodotto gravi danni.
Devo confessare che scrivo queste parole con qualche esitazione: ma la solidarietà comporta anche lo scontro tra diritti contrastanti. Anche quello di non essere picchiati perché non si danno le mille lire è un diritto. Anche perché non siamo in grado di garantire che le voci estremiste, per ora isolate, non diventino maggioranza. In quel caso, le soluzioni che verrebbero adottate sarebbero una ferita a un nostro ancor più fondamentale diritto: quello di restare persone civili.
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novembre 30, 1995