Intervista di Franco Debenedetti a Bruno Manghi
La polarizzazione a cui stiamo assistendo nel panorama politico italiano avrà secondo te un riflesso nell’ambito sociale? E quale?
Io sono del parere che non ci sarà un rapporto molto stretto tra polarizzazione politica (o meglio elettorale) e polarizzazione sociale. L’area di favore nei confronti di Berlusconi, infatti, è interclassista, come è interclassista l’opposizione. I sentimenti collettivi che Berlusconi interpreta sono sentimenti che troviamo anche nei ceti che si riconoscono nelle varie componenti dell’opposizione. Il messaggio di Berlusconi ha successo perché è un messaggio di ottimismo.
Quali riflessi avrà sul Piemonte questa situazione?
In Piemonte occorrerà fare i conti con una contrapposizione tra le aree metropolitane più sensibili ad un discorso di centro sinistra e il Piemonte profondo che invece è più mobilitabile sulle tesi antistataliste, è stufo delle regole e della stessa Torino.
L’assenza di una polarizzazione sociale avrà secondo te delle ripercussioni sulla (chiarezza delle) politiche amministrative?
È un pericolo, soprattutto per quanto riguarda il breve periodo. Sul lungo periodo, invece, entreranno in gioco i modelli di sviluppo e ci troveremo perciò di fronte ad un programma berlusconiano di natura antisociale e ad un programma dell’opposizione prioritariamente orientato sul sociale. Questa contrapposizione però, è bene sottolinearlo, diventerà evidente solo a lungo termine. Finora Berlusconi ha dimostrato ampiamente di volere un accordo con le parti sociali: con i sindacati, poi, ha cercato anche un accordo di tipo tradizionale e per questo è stato criticato. E poi non dimentichiamo la quota non indifferente di componenti populiste presenti nella coalizione di Berlusconi.
Ci troveremo quindi di fronte ad una competizione politica che mira ad avere successo indipendentemente dai contenuti amministrativi?
Si, parliamo però sempre del breve periodo. Sul lungo sono in gioco il rapporto con l’Europa e il modello di sviluppo, allora le cose dovranno cambiare. Assisteremo ad una contrapposizione che vede da un lato, dalla parte di Berlusconi, una tendenza diciamo al laissez faire, più che al liberismo e, dall’altra, le linee di politica economica e sociale che si richiamano a Delors.
Come giudichi l’area politica intorno a Prodi e la possibilità che quest’area trovi un equilibrio efficace al proprio interno?
Se l’Ulivo è diverso dal PDS c’è un margine di successo, altrimenti sarà l’ennesima sconfitta.
Ma il rapporto a sinistra, anche al di là delle reciproche intenzioni, è sempre un rapporto di tanti a pochi. Non si può chiedere al PDS di sparire per lasciare spazio alla nascita di uno schieramento d’opposizione, anche perché non c’è nessuna garanzia che questo sia una condizione necessaria perché ciò avvenga.
No, il PDS non deve sparire: non deve fare nulla. Non è poi vero che sempre il rapporto a sinistra sarà di tanti a pochi, tra PDS e gli altri. Se tutte le aree e le presenze non PDS avessero la sensatezza di convergere allora anche i rapporti di forza sarebbero diversi. L’Ulivo è di per se di centro sinistra ed è l’unico che può portare un gruppo dirigente alla guida del Paese, cosa che chiaramente il PDS non riesce a fare. Questo progetto può avere successo se attorno all’Ulivo e a Prodi si riesce ad imitare il capolavoro di Berlusconi, senza voler escludere qualcuno o fare delle crociate. Berlusconi è riuscito a portare gente nuova alla politica e, nello stesso tempo, con il suo sistema di alleanze ha lasciato spazi aperti ad una quota del professionismo politico.
Vedi quindi un Ulivo che si istituzionalizza.
L’Ulivo si fa per le elezioni: se avrà successo, poi si vedrà.
Quindi Prodi più come candidato a capo del Governo che come leader di una struttura politica…
C’è un problema di stile e di ragionevolezza: se si pone mano ad un partito che toglie spazio a realtà esistenti si possono creare anche reazioni non desiderabili, ma certo bisogna puntare a qualcosa di più di una semplice alleanza o di un cartello elettorale. Il primo problema comunque è come si fa la campagna elettorale: il programma, le liste.
Certo Prodi deve andare oltre l’immagine del leader.
Ma in questo è avvantaggiato: Prodi ha una forte idea di squadra. Non teme il protagonismo intellettuale di altri, piuttosto sa valorizzarli.
aprile 1, 1995