Intervista di Gianluca Rotondi
«Ci sono prassi e modalità consolidate per scegliere i consiglieri di amministrazione, le best practice, che valgono per tutte le aziende, quotate o no. In questo caso c’è invece una pratica sbagliatissima di una nomina basata sull’affiliazione politica».
Franco Debenedetti, imprenditore e già senatore in quota Pds e poi Ds, ha fatto parte dei consigli di amministrazione di società, enti e fondazioni e non è stupito dallo scontro intestino che si sta consumando tra renziani e orlandiani sulle nomina nel cda di Hera. Un vizio antico, che si ripete nel tempo.
Debenedetti, lei che idea si è fatto della vicenda?
«Purtroppo la solita. Un problema antico e irrisolto, il controllo pubblico, in questo caso municipale, di società che operano sul mercato concorrenziale. Si continua a seguire una pratica che non tiene minimamente conto di competenze e scopi sociali dell’azienda».
Qual è la ragione?
«La stessa per cui non vogliono privatizzare le multiutility. Che bisogno c’è della partecipazione pubblica? L’unico motivo è avere dei vantaggi politici: il più sovente è mettere nell’azienda, nel consiglio d’amministrazione e spesso anche nelle società operative, i propri uomini di riferimento a cui garantire un impiego sicuro».
Nel caso specifico, sindaci e dirigenti del Pd sono contrari alla nomina di Alberto Aitini, giovane responsabile organizzazione dem con poca esperienza nel campo, e criticano il fatto che sia il partito a indicare la nomina e non gli amministratori.
«La mia critica prescinde completamente dalle competenze, ma riguarda in primo luogo il metodo. Anche se venisse scelta una persona con competenze e professionalità eccezionali, saprebbe che è stato inserito in consiglio non per i suoi meriti ma per ragioni che nulla hanno a che vedere con l’attività della società. Saprebbe che è stato nominato per un pegno che prima o poi dovrà essere pagato. Stiamo scoprendo l’acqua calda, me ne rendo conto. Francamente non vedo proprio il problema. Ci sono società che per mestiere selezionano i candidati con competenze che rispondono alle esigenze delle aziende. Lo fanno un gran numero di società, quotate o no, a maggior ragione dovrebbero farlo quando la proprietà è così suddivisa».
C’è anche un tema legato al rinnovamento di certi ruoli. Meglio svecchiare a tutti i cosi mettendo in secondo piano competenza ed esperienza?
«Certo che una persona competente è meglio di chi non lo è, che una persona giovane è preferibile a una anziana, ma queste sono davvero delle banalità. L’unico parametro per cui non c’è posto è proprio quello dell’affiliazione politica perché crea un vulnus che prima o dopo si paga. Allora ben vengano le polemiche e gli scontri se per lo meno servono a capire che il problema va risolto alla radice: privatizzare le municipalizzate».
marzo 28, 2017