Legge Gasparri -Intervista
«Abbiamo condotto una battaglia debole, perché contraddittoria». Il senatore diessino Franco Debenedetti, che per cambiare le norme sul sistema radiotelevisivo, ha proposto diversi emendamenti, è convinto che l’opposizione potesse fare di più e meglio. Non tanto per impedire l’approvazione della legge Gasparri così come è stata licenziata ieri dal Senato, quanto per modificarla in corso d’opera.
Dove avete sbagliato, senatore?
«C’era un’unica soluzione possibile, proporre la privatizzazione della Rai. Parlo di una privatizzazione reale, non di quella finta proposta dalla Casa delle libertà per scongiurare quella vera, come ha sottolineato molto bene il senatore della Margherita Luigi Zanda. Potevamo farlo, ma non lo abbiamo fatto».
Secondo lei, perché?
«Perché nel centrosinistra c’è il mito del servizio pubblico. Io, che non ho questo mito, mi sono sgolato a parlare di privatizzazione. Tutto inutile. Al disegno di legge della Cdl cosa abbiamo opposto noi? Solo il mantenimento dell’esistente».
Strategia perdente, quindi?
«Assolutamente sì. Potevano esserci altre soluzioni, ma nessuno le ha avanzate. Purtroppo la privatizzazione richiederebbe una rivoluzione culturale, nel centrosinistra come nel centrodestra. Non so come sarebbe andata se avessimo scelto una linea diversa, una linea unitaria combattuta fino in fondo. Però la storia di questa legge dimostra che arroccarsi a difesa dell’esistente, limitarsi a mettere in luce i tanti aspetti negativi o a denunciare il conflitto di interessi del presidente del Consiglio, non ha pagato».
dicembre 3, 2003