«Sergio Cofferati è stato un grande leader sindacale. Che ha perso però un’occasione storica e ha impresso anche una battuta d’arresto alla linea politica della sinistra».
Quale occasione storica?
«Un’occasione che nessuno prima di lui, da Giuseppe Di Vittorio a Luciano Lama e Bruno Trentin, ha avuto: è stato a capo del sindacato della sinistra quando la sinistra era al governo, ma non ha usato il potere del sindacato per sostenere un processo di riforme, bensì per bloccarlo». Franco Debenedetti, senatore ds, va dritto al punto, non smorza i toni. E aggiunge: «Basta ricordare cos’hanno fatto i grandi leader dei sindacati cattolici quando c’era la Dc…».
Si riferisce al no sulle pensioni?
«Non solo. Sul lavoro il ministro Tiziano Treu progettava riforme ben più incisive».
E a cosa si riferisce sulla politica?
«L’indebolirsi dei partiti consegna al sindacato un ruolo politico. Ancor più a sinistra, con la crisi che sta attraversando l’Ulivo. Adesso Cofferati ha proclamato lo sciopero generale, ha assunto posizioni rigidissime anche a costo di spaccare il sindacato: così esercita un fortissimo richiamo nei confronti della sinistra “identitaria”, che rischia di spostare i Ds su posizioni rocciosamente conservatrici. Lui stesso, del resto, ha detto di essere stato riformista e di essere ora diventato radicale…».
Si dimette in un momento molto delicato, dovrebbe rinviare l’addio?
«Non spetta a me dirlo. Cofferati è una persona serissima e le scadenze sono cose serie. E, poiché è serio, do pieno credito a ciò che ha detto più volte: non andrà in politica».
giugno 10, 2002