«L’anti-berlusconismo fazioso è piombo nelle ali dei Democrat»

settembre 9, 2013


Pubblicato In: Varie


Intervista di Antonio Galdo

Franco Debenedetti: difficile ipotizzare una soluzione politica dopo tanti veleni contro il Cav.

«Ci sono tre problemi che si sovrappongono nel voto della Giunta parlamentare chiamata a votare sulla decadenza di Berlusconi: le conseguenze della sentenza della Corte di Cassazione, il futuro del Partito democratico, la sorte del governo Letta»: Franco Debenedetti utilizza l’arma della razionalità per descrivere l’Italia politica, e non solo, sospesa ancora una volta sul vicende giudiziarie del suo ex premier.

Partiamo dal primo aspetto. Mentre si ipotizzano soluzioni giudiziarie, dalla Corte di Strasburgo alla Corte Costituzionale fino alla grazia, si rimuove un dato di fatto: non esiste una soluzione giudiziaria senza una soluzione politica.
«Ci sono profili di costituzionalità e di interpretazione della legge Severino, su cui diversi giuristi anche di sinistra hanno espresso perplessità, ci sono i diritti alla difesa ricordati da Luciano Violante, i diritti costituzionalmente garantiti all’elettorato passivo e attivo. Ma soprattutto c’è una questione di fondo: sono sicuro che alla sinistra non conviene intestarsi il precedente di votare a maggioranza la decadenza da parlamentare del proprio oppositore politico».

Ma una soluzione politica, qualsiasi soluzione politica, scatenerebbe la rivolta nella base del Pd.
«Questo è anche la conseguenza di un’opposizione condotta per 20 anni come contrapposizione antropologica. L’antiberlusconismo è stato funzionale all’union sacrée, il collante per potere assemblare coalizioni capaci di vincere le elezioni, ma, come si è visto non di governare. Questo ha impedito di allargare i consensi oltre il tradizionale perimetro della sinistra e ha alimentato una visione “oncologica” della politica».

Cioè?
«Quella per cui Berlusconi è un cancro di cui l’importante è liberarsi. Adesso che l’esito della sua vicenda è segnato, io credo che ci si debba preoccupare della salute dell’organismo. Il Pd deve depurarsi delle scorie dell’antiberlusconismo. Il Paese ha bisogno come il pane di riforme, costituzionali e ordinarie: vorrà mica che, discutendone, chi è contro giustifichi la propria opposizione dicendo che è una riforma “berlusconiana”?».

Lei ha lanciato un appello a Matteo Renzi: chiedere ai suoi di votare contro la decadenza di Berlusconi
«Renzi ha dichiarato che intende sconfiggere Berlusconi sul piano politico, e non per via giudiziaria. Ha individuato così il cuore del problema: adesso, grazie alla sua popolarità, ha l’occasione di conquistare sul campo un’enorme dote di credibilità. Certo, rischierebbe: ma non si diventa leader di un partito senza correre qualche rischio. Ovviamente, al voto contro la decadenza dovrebbe corrispondere l’impegno di Berlusconi a dimettersi prima della sentenza di Milano. Ma riuscirebbe ad essere credibile? Renzi, per il momento, non ha preso questa posizione».

Ma intanto il segretario del Pd, Epifani, chiude la questione dicendo che in Italia esiste uno Stato di diritto e la legge è uguale per tutti. Punto.
«Capisco che Epifani, un segretario che già deve guidare il partito tutto insieme al congresso e al rinnovo della segreteria, non possa dire altro. Ma se si guarda aldilà delle prossime scadenze, se si vuole un partito “a vocazione maggioritaria”, che allarghi il bacino di consensi necessario per fare quello di cui ha bisogno questo Paese, l’antiberlusconismo fazioso è piombo nelle ali. Il successo che incontra Renzi dimostra che è possibile che la sinistra sia unita da altri obbiettivi, mossa da altre ambizioni.».

L’ossessione dell’antiberlusconismo oltre a tenere unito il partito non dimostra anche il complesso di superiorità morale della sinistra italiana?
«Una pretesa che ha radici antiche. Chiudendosi nel proprio orticello di presunta superiorità morale, difficile non essere una minoranza.»

In questi vent’anni il collante della sinistra è stato il berlusconismo, mentre la destra ha dimostrato che senza Berlusconi non esiste.
«Alberto Mingardi, nel suo libro L’intelligenza del denaro, descrive Berlusconi come il nostro Dorian Gray, nel senso che le sue parole ci lasciavano intuire un’Italia che poteva cambiare, le sue azioni ci rassicuravano sul fatto che ciò non sarebbe avvenuto. Su questa contraddizione è finito il ciclo di Berlusconi: e lascia a destra un’ area da ristrutturare».

Concludiamo con il terzo problema del voto della Giunta parlamentare: i rischi per il governo Letta.
«Rischi per l’Italia, e non solo per il governo. Con il nostro debito pubblico siamo un sorvegliato speciale e di tutto abbiamo bisogno tranne che di instabilità politica. Che non si sa dove si fermerebbe, potrebbe avere conseguenze a catena, elezioni anticipate, dimissioni di Napolitano».

Due prospettive che, almeno sulla carta, non convengono a nessuno.
«Il Pdl ha tutto da perdere da un collasso dell’esecutivo di Letta. Potrebbe finire che Berlusconi non porta a casa neanche la cancellazione dell’Imu, di cui mi pare manchino i decreti attuativi. E il Pd sarebbe trascinato verso una radicalizzazione della sua maggioranza parlamentare: non proprio la strada della vocazione maggioritaria».

Quale ruolo può avere il Quirinale a questo punto della partita.
«Basta andare a rileggersi il discorso di Napolitano in occasione dell’inizio del suo secondo mandato e la sua lettera di ferragosto: le indicazioni del Quirinale, compresi i limiti della sua azione, sono scritte nero su bianco».

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