«Il governo tecnico? Eccolo qua
E lo guidano Merkel e Sarkozy»

agosto 9, 2011


Pubblicato In: Varie


Per l’economista l’Italia deve fare crescere il Pil. «Ma serve credibilità»

Intervista di Maria Giovanna Della Vecchia

«Che il cancelliere Merkel e il presidente Sarkozy abbiano mandato una lettera per ribadire le richieste fatte da Trichet e Draghi, è un fatto assolutamente inusitato e sarebbe sciocco non riconoscerne la gravità. E’ una clamorosa dimostrazione della debolezza della politica». A dirlo è l’economista, saggista ed editorialista Franco Debenedetti.

C’è un commissariamento di fatto per l’Italia?
Parlare di commissariamento rischia di essere già una reazione politica, eccitare l’orgoglio nazionale offeso per poi lisciargli il pelo. La realtà è che dopo aver tanto parlato di governo tecnico, adesso l’abbiamo. Solo che a condurlo non è un rispettato personaggio italiano, ma i capi di due Stati dell’Unione Europea. Il giudizio di debolezza della nostra politica viene da loro ed è durissimo. Ma Merkel e Sarkozy fanno la voce grossa perché anche loro hanno un problema politico con i loro elettori, e devono giustificare i soldi che spendono. Non dimentichiamoci che con questo “commissariamento” si sono assunti un grosso rischio: quello di rendersi responsabili delle conseguenze delle azioni che ci hanno chiesto di intraprendere.

Se lo spread con i Bund aumenta non è colpa dell’Italia?
Noi abbiamo due problemi: il debito e il deficit. Il debito era già grande negli anni scorsi. Non credo che lo spread a 400 sia dovuto all’aumento strisciante che pure c’è stato. Son convinto che questo abbia a che fare con l’euro, con la sua costruzione, con le debolezze intrinseche che sono diventate evidenti con il modo con il quale dapprima si è dapprima formato il problema greco, e poi lo si è gestito. Forse sarebbe più corretto dire “non gestito”.

E con tutto quel che ne è seguito?
Certo, Portogallo, Irlanda, Spagna, il braccio di ferro fra la Bce e la Germania sulla Grecia, la costituzione del “fondo salvastati”, con una dotazione sufficiente per affrontare problemi piccoli ma non quelli grandi. Ormai a chiedersi se l’euro regge o non regge non sono più solo i vecchi euroscettici. L’Italia di questa domanda è più vittima che causa. L’attacco all’Italia è un attacco all’euro: sull’aumento dello spread c’è poco che possiamo fare nell’immediato e nulla di decisivo.

Qual è il secondo problema?
E’ il problema del deficit: non basta contenerlo, bisogna finanziare un avanzo mario, se no il debito non lo si ripagherà mai. E se il Pil non cresce ciò è matematicamente impossibile. E questo sì che riguarda la nostra politica: che ha perso credibilità, dato che per oltre un decennio non ha fatto nulla per la crescita, e che proprio per questo, ora è chiamata, con le brutte, a fare, e fare subito.

Dove si saldano i due problemi?
Si saldano nel punto in cui la Bce ci dice di essere disposta a comperare il nostro debito perché i mercati riducano lo spread, ma esige che prendiamo misure per crescere. Dopo il grande sforzo per entrare nell’euro, non è più fatto nulla. Il punto cruciale è stato il 2001, quello della seconda vittoria di Berlusconi e il contratto con gli italiani, che doveva essere il contratto per la crescita. Sarebbe interessante fare i confronti: ho l’impressione che le cose che l’Europa ci chiede ora di fare siano le stesse che aveva scritto Berlusconi davanti al notaio e Bruno Vespa.

Non abbiamo un problema di credibilità internazionale?
Certo, anzi un duplice problema di credibilità. Quella dell’euro, innanzitutto: i mercati si chiedono fin dove la Germania è disposta ad andare, ora per sostenere i Paesi indebitati, e poi a risolvere un modo strutturale le carenze dell’architettura dell’Euro. E poi la credibilità nostra, di questo governo Berlusconi, che non ha fatto nulla quando poteva e che ora appare ammaccato, confuso, e diviso.

Fatte le debite proporzioni, la debolezza politica italiana è parallela alla debolezza del Governo nordamericano?
Sarebbe più appropriato fare il paragone con l’Europa. Obama ha perso molto del patrimonio politico che l’ha portato alla Casa Bianca. E questo completa n quadro generale di debolezza politica. ovunque, perfino al Fmi: dopo Dominique StraussKahn, anche Christine Lagarde ha i suoi problemi, seppure di altra natura. Noi ci lamentiamo del commissariamento, ma la Cina, alla notizia del downgrading del debito americano, ha avuto commenti durissimi e richieste perentorie, di smettere di fare guerre, e di mettere la casa a posto: al governo degli Usa.

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