«Gandhi e Mandela non c’entrano la resistenza passiva è altra cosa»

ottobre 20, 2015


Pubblicato In: Giornali, Varie


Intervista di Fabrizio Coscia a Franco Debenedetti


Se fossero stati presi ad esempio, in Valsusa non ci sarebbero stati arresti.


«Il problema è capire di che cosa parliamo quando parliamo di “istigazione”. È una questione che si è presentata più volte, anche in questi giorni». Per Franco Debenedetti ingegnere, imprenditore e manager, già parlamentare – il processo a Erri De Luca, conclusosi ieri, apre una questione di principio, prima di tutto, e invita a riflettere sulla linea di confine, molto labile, tra libertà d’espressione e reato d’opinione.

Il processo a Erri De Luca si è concluso con l’assoluzione. Si mette la parola fine così a una vicenda giudiziaria che, forse, non doveva mai iniziare? Cosa ne pensa?
«Si tratta di una questione sottile. Esprimere un’opinione, per sbagliata e perfino odiosa che sia, non è reato. Se il codice penale lo prevedesse, andrebbe emendato. Istigare a commettere un reato è invece, per il codice, un reato. Ed è bene così rimanga. Ma a volte non è così facile distinguere».

De Luca ha citato Gandhi e Mandela per invocare il diritto al sabotaggio, definendo “nobile” il significato di questa parola.
«Ma le azioni di sabotaggio non sono la resistenza passiva di Gandhi e Mandela, i digiuni di Pannella sono il contrario della violenza. Il sabotaggio della No Tav ha dato luogo a fatti di violenza, a veri e propri reati. Questo non mi sembra che nessuno lo contesti. Se De Luca avesse incitato a imitare Gandhi o i radicali con manifestazioni non violente non sarebbe stato rinviato a giudizio. In Val di Susa i No TAV hanno commesso reati, per cui, se non mi sbaglio, qualcuno è stato anche condannato».

Ma esiste un rapporto limite da stabilire tra la libertà d’espressione e il contenuto dell’espressione?
«È il problema che si pone anche con la legge, che si vorrebbe approvare, che rende reato il negazionismo, e non solo quello della Shoah, ma anche quello degli armeni. In quel caso, anche se non totalmente a cuor leggero, io sono per considerarlo un reato: non si nega una verità storica così drammaticamente dimostrata senza un’intenzione aggressiva. Altri casi sono più semplici: trovo inaccettabile che la Presidente della Camera avesse invitato a parlare in Parlamento, simbolo della democrazia, un imam che notoriamente incita alla distruzione di Israele. Dico avesse, perché l’imam ha disdetto la sua visita. Un’occasione perduta per la Boldrini».

Il giudice, però, nel caso di De Luca, non ha considerato reato la sua “istigazione”.
«Il giudice non può dire che istigare non è reato. Avrà considerato che De Luca non ha istigato, che la sua è stata una metafora, una licenza, una frase neppure atta a produrre conseguenze».

Oppure non era dimostrabile il nesso diretto tra l’istigazione e le sue conseguenze?
«Diciamo che era tanto scadente da non provocare neppure una conseguenza. Tant’è che mi pare che oggi il fuoco della protesta sia andato spegnendosi. Ormai i tre valichi sono tra gli impegni presi dal Governo e la questione di cui si parla è stata ampiamente superata dai fatti, e la maggioranza degli abitanti ha capito l’utilità della linea No Tav e i benefici che può portare. Scommetterei che, se ci fossero dei problemi a trovare i finanziamenti, non pochi scenderebbero in piazza, chiedendo che non gli scippino il loro tunnel».

In qualche modo si può dire, allora, che nei fatti l’istigazione al sabotaggio di De Luca non è stata raccolta e pertanto il fatto non sussiste?
«Il giudice ha assolto l’attivista e, considerata l’inefficacia della sua parola, ha bocciato lo scrittore. Senza appello».

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