Intervista di Maria Serena Natale
Franco Debenedetti: vietando la circoncisione si finisce per impedire la pratica dell’ebraismo
«Lo Stato liberale secolarizzato vive di principi che esso stesso non è in grado di garantire». Franco Debenedetti riflette sulla recente sentenza della Corte di Colonia contro la circoncisione alla luce del paradosso formulato dal filosofo e giurista tedesco Ernst-Wolfgang Böckenförde e citato in un’analisi del quotidiano conservatore—e liberale — Frankfurter Allgemeine Zeitung. Per assicurare la libertà «interna» sulla quale si fonda, lo Stato deve in sostanza rinunciare parzialmente all’intento dichiarato di garantire la libertà stessa e assumersi la responsabilità dell’imposizione.
Cosa comporta questo principio quando ci si addentra nell’insidiosa terra di confine tra libertà di culto e Stato di diritto?
«È un tema complesso che, calato nella realtà storica e sociale della Germania, si carica di molteplici risonanze. Significativa l’intensità e la profondità con la quale la stampa ha analizzato la vicenda» risponde al Corriere l’ex senatore ds, osservatore attento delle dinamiche interne alla società tedesca e delle relazioni tra Berlino e l’Europa, recentemente intervenuto sulla crisi dell’euro sulle pagine del giornale finanziario Handelsblatt.
A fine giugno è stata resa nota una sentenza della Corte d’appello di Colonia che definisce la circoncisione di un minore per motivi religiosi una violazione della sua integrità fisica, penalmente perseguibile (il caso riguardava un bambino di quattro anni,musulmano, che aveva avuto complicazioni dopo il rito). La competenza dei giudici di Colonia è limitata territorialmente e la stessa cancelliera Angela Merkel ha preso le distanze dal verdetto, definito dal presidente della conferenza dei rabbini europei Pinchas Goldschmidt «il più grave attacco alla comunità ebraica dai tempi dall’Olocausto», essendo la pratica un rito costitutivo dell’ebraismo—il «patto della Circoncisione» fu comandato da Dio ad Abramo.
La sentenza ha innescato una spirale verbale ed emotiva difficilmente controllabile.
«In primo luogo—dice Debenedetti — il verdetto va inserito nel contesto della cultura giuridica tedesca, rigorosa e logicamente concatenata. Buona parte dei medici e l’Organizzazione mondiale della sanità indicano i vantaggi di una circoncisione. Quindi, i giudici non possono aver condannato la pratica in sé, ma le motivazioni religiose per le quali i genitori l’hanno voluta. Se applichiamo alla lettera il principio giuridico indicato dalla Corte, ne consegue che un ebreo in Germania non può praticare la propria religione. Un assurdo, che dimostra l’inaccettabilità della sentenza».
Il ragionamento giuridico non arriva a bandire il rito, ma raccomanda di aspettare l’età del consenso affinché il soggetto possa disporre liberamente del proprio corpo. Ragionamento che secondo Debenedetti aggira però un nodo fondamentale.
«La responsabilità della cura e dell’educazione del minore ricade in pari modo sullo Stato e sulla famiglia. E nella cura rientrano diverse declinazioni del concetto di tutela, oltre che fisica, spirituale: il modo in cui questo può essere praticato si apre a uno spazio amplissimo. Ne deriva il diritto-dovere per i genitori di inserire il bambino nel suo ambiente, fatto di relazioni comunitarie riti e tradizioni. È giusto che lo Stato vigili e impedisca il ricorso a pratiche rituali non consentite e nocive come l’infibulazione, ma la difesa da rischi sanitari legati alla religione non deve diventare difesa dalla religione. Su questo punto concordo con Giuliano Ferrara, contrario al positivismo giuridico alla Kelsen che vuole ricondurre tutto alla legge».
Ma fuori dalla legge ricade la vita, con le sue concrezioni di memoria e simboli sulle quali si fonda lo stesso Stato. Su un piano puramente teorico, Debenedetti accosta il caso Colonia a un’altra disputa giuridica che sta appassionando i tedeschi: la Corte costituzionale dovrà esprimersi sulla costituzionalità del fondo salva Stati europeo e di recente il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha invitato i giudici a una valutazione tempestiva, per non alimentare la turbolenza dei mercati.
«La società tedesca è lacerata tra la cultura giuridica del rispetto rigoroso della legge e la coscienza della realtà, quel presente mutevole e volatile nel quale la legge s’invera. E il presente è carico di passato, in Germania più che altrove».
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